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13-10-25 Dal mondo

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13-10-25 Dal mondo

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Il fine settimana tra il 10 e il 12 ottobre 2025 si è rivelato un crocevia di eventi geopolitici, militari ed economici che delineano un quadro globale di crescente complessità e interconnessione. Dalle fragili tregue in Medio Oriente alle tensioni militari nell’Indo-Pacifico, passando per instabilità politiche interne in diverse nazioni e una corsa all’innovazione tecnologica in ambito bellico, il mondo si trova di fronte a sfide multidimensionali che richiedono un’analisi approfondita e una comprensione delle dinamiche sottostanti per anticipare i futuri sviluppi. Questo saggio offre una sintesi esaustiva degli accadimenti principali, analizzando le loro ripercussioni e formulando raccomandazioni per gli attori internazionali, con particolare attenzione alle implicazioni per l’Italia.

Eventi Clou
Le recenti azioni militari USA nel Mar dei Caraibi, con quattro raid letali su presunte imbarcazioni di narcotraffico (21 morti), segnano un’escalation sotto l’amministrazione Trump, che ha dichiarato un “conflitto armato non internazionale” contro i cartelli, etichettati come “combattenti illegali”. Il Pentagono, guidato da Pete Hegseth, giustifica gli strike come autodifesa contro “narco-terroristi” legati al regime di Nicolás Maduro, accusato di dirigere il Cartel de los Soles. Tuttavia, rapporti ONU (World Drug Report 2025) smentiscono: solo il 5% della cocaina colombiana transita via Venezuela, con produzione e rotte principali in Ecuador, Perù e Colombia. Il traffico è “esistente ma marginale”, non una minaccia esistenziale, come denunciato da Caracas all’ONU, che invoca rispetto del diritto internazionale. Questo pretesto antidroga cela interessi geostrategici: il Venezuela detiene le maggiori riserve petrolifere mondiali (oltre 300 miliardi di barili, quintuplo degli USA), più oro, coltan e bauxite per batterie EV e tech. Maduro ha offerto a Trump accesso prioritario a questi giacimenti, riducendo legami con Cina e Russia, ma Washington ha respinto, preferendo san-zioni e pressioni per un “regime change”. La possibilità di strike interni al paese è elevata vista la presenza di navi e marines al largo delle coste venezuelane. Il Nobel per la Pace 2025 a María Corina Machado, oppositrice in esilio premiata per la lotta alla “dittatura”, amplifica il rischio. Dedicato in parte a Trump, il premio (annunciato il 10 ottobre) legittima narrative di “transizione democratica”, con Rubio e GOP che spingono per intervento. Machado, “Iron Lady” mobilita l’opposizione e la diaspora, ma Caracas lo vede come farsa pro-USA, invocando il Consiglio di Sicurezza ONU. Le tensioni si estenderebbero all’America Latina: Colombia e Brasile temono spillover migratorio e instabilità; Messico e Ecuador, già colpiti da cartelli, potrebbero opporsi a un “precedente yankee” che viola sovranità, mentre i governi di sinistra (Bolivia, Nicaragua) mobiliterebbero solidarietà anti-imperialista, rischiando un’ondata di proteste o alleanze con Russia-Iran. Un attacco destabilizzerebbe le rotte commerciali, gonfiando prezzi energetici globali e alimentando radicalismi. Senza diplomazia multilaterale, il Venezuela rischia di diventare il prossimo Iraq latinoamericano: risorse depredate, caos umanitario e un precedente pericoloso per la non-proliferazione.

Conseguenze dei fatti accaduti
Conseguenze geopolitiche

Le conseguenze geopolitiche degli eventi del fine settimana sono profonde e delineano un ordine mondiale sempre più multipolare e frammentato. La fragilità della tregua a Gaza è emblematica di come i conflitti regionali, anche se temporaneamente sospesi, possano continuare a generare instabilità se non affrontati con soluzioni politiche durature e inclusive. La riemersione della soluzione a due Stati, seppur complessa, indica una consapevolezza della necessità di affrontare le radici del conflitto. L’approccio unilaterale degli Stati Uniti, in particolare sotto l’amministrazione Trump, si manifesta sia nella diplomazia coercitiva (pressione su Netanyahu per la tregua) sia nell’aggressività militare (War on Drugs in Venezuela), evidenziando una predilezione per l’azione diretta a discapito della multilateralismo. Ciò si traduce in una ridefinizione delle alleanze, con stati arabi che collaborano segretamente con Israele contro l’Iran, e la Russia che rafforza i legami con Teheran, sfidando le sanzioni occidentali. Questi assi emergenti segnalano una competizione tra blocchi che mina la coesione internazionale.
L’Indo-Pacifico è il fulcro di questa competizione, con la corsa agli armamenti tra USA e Cina che modella le dinamiche regionali. Gli investimenti in missili ipersonici, caccia stealth di sesta generazione e droni avanzati da entrambe le parti non solo aumentano il rischio di un conflitto diretto, ma costringono anche gli alleati regionali, come Giappone e Australia, a intensificare le proprie capacità difensive e a riconsiderare le proprie dottrine di sicurezza. La destabilizzazione politica in paesi come Nepal, Perù, Giappone, Francia e Madagascar riflette una crisi di governance globale, spesso amplificata da tensioni geopolitiche esterne (es. India-Cina in Nepal e Madagascar) e da sfide interne come corruzione, disoccupazione e criminalità. La “diplomazia coercitiva” di Trump, con minacce di dazi e l’espulsione dalla NATO, erode le fondamenta delle alleanze tradizionali e spinge l’Europa a cercare una maggiore autonomia strategica. Il ruolo dell’UE, sebbene promotore di un ambizioso Green Deal, appare limitato di fronte a queste dinamiche globali, con una scarsa capacità di proiezione nel Mediterraneo Allargato e un’incapacità di implementare pienamente la propria agenda strategica.

Conseguenze strategiche
Le conseguenze strategiche sono improntate a una rapida evoluzione delle dottrine militari e a un’accelerazione della corsa agli armamenti, con un focus crescente sull’innovazione tecnologica. La proliferazione di droni e sistemi unmanned, sia subacquei che aerei, sta ridefinendo i paradigmi della guerra moderna. Il Regno Unito, con i suoi programmi “Spearhead” e “Project Vanquish”, e l’Italia, con il DPP 2025-2027 che stanzia 2,4 miliardi per droni armati (a favore dell’aeronautica), dimostrano la consapevolezza della necessità di integrare queste tecnologie per sorveglianza, guerra antisommergibile e operazioni di strike. La Cina, con il laboratorio in Tibet e il drone stealth GJ-21, evidenzia una strategia di sviluppo autonomo e avanzato. Tuttavia, come sottolineato dall’IARI riguardo all’Ucraina, i droni, pur efficaci tatticamente, non vincono guerre senza strategie integrate e subiscono perdite elevate, rendendo cruciale lo sviluppo di contromisure e difese anti-drone.
I missili cruise, come i Tomahawk, rimangono armi dominanti per la loro capacità di neutralizzare difese aeree e infrastrutture con precisione. La decisione del Giappone di armare i propri destroyer Aegis con 400 Tomahawk entro il 2027, reinterpretando l’Articolo 9 della Costituzione pacifista, è una mossa strategica significativa per rafforzare la deterrenza contro Cina e Corea del Nord. La scarsità di missili USA e i limiti produttivi evidenziano la necessità di licenze di produzione per gli alleati. La superiorità aerea, come dimostrato dal successo israeliano in Iran e dal fallimento russo in Ucraina, dipende non solo dalla tecnologia ma anche da dottrina, intelligence e integrazione multidominio, con l’Ucraina che ha negato la superiorità russa attraverso tattiche mobili e sistemi di difesa aerea flessibili.
La modernizzazione delle forze armate è un imperativo globale. L’Italia, con 35,5 miliardi nel DPP 2025-2027 per l’Esercito e investimenti in carri Ariete e A2CS, punta all’interoperabilità NATO. La Turchia, esclusa dagli F-35, cerca Typhoon e sviluppa il TAI KAAN (caccia multiruolo di 5a generazione), mostrando l’importanza di un’autonomia strategica. Tuttavia, critiche come quelle di Luttwak sulle “tigri di carta” europee, con carenze di personale e ri-serve, evidenziano la necessità di riarmo efficace di fronte a minacce. La rilocalizzazione di navi ipersoniche USA a Pearl Harbor e lo sviluppo del caccia stealth F/A-XX per la Marina americana sono risposte dirette alla rapida modernizzazione militare cinese nell’Indo-Pacifico, segnalando una strategia di contenimento che mira a mantenere la superiorità tecnologica e la capacità di proiezione di potenza.

Conseguenze economiche, tecnologiche, finanziarie ed energetiche
Le ripercussioni economiche, tecnologiche, finanziarie ed energetiche sono profondamente interconnesse e riflettono un mondo in cui le catene di fornitura globali sono sempre più vulnerabili. Le tensioni commerciali, con i dazi del 15% di Trump all’UE e la minaccia di aumentarli al 50% se non saranno eliminate le norme ambientali del Green Deal, segnalano un ritorno al protezionismo che minaccia il commercio globale. L’UE, pur difendendo la sua agenda verde, è spinta a diversificare i mercati verso Asia e Africa, ma si trova di fronte a un indebolimento della sua competitività e a una difficoltà nell’attuazione del Rapporto Draghi per investimenti in difesa e transizione verde (800-1.200 miliardi annui).
Le sanzioni USA contro le esportazioni di petrolio e gas iraniano limitano le entrate di Teheran e destabilizzano il commercio energetico globale, con la Cina costretta a cercare alternative. La minaccia di ritorsioni USA contro la tassa IMO sul carbonio marittimo, definita “neocoloniale”, potrebbe ulteriormente destabilizzare il settore marittimo globale con restrizioni sui visti e blocchi portuali.
A livello energetico, il conflitto russo-ucraino ha conseguenze dirette e gravi. Gli attacchi ucraini con droni hanno danneggiato il 40% delle raffinerie russe, fermandone il 20% e causando razionamenti di diesel e un calo del 30% delle esportazioni, con impatti sui prezzi globali del petrolio e sul finanziamento della guerra russa. Simmetricamente, i raid russi hanno distrutto il 60% della produzione di gas ucraina, costringendo Naftogaz a importare 4,4 miliardi di m³, con rischi di carenze invernali e un costo di 2,2 miliardi di dollari. L’incidente della contaminazione nucleare in Indonesia, con tracce di cesio-137 in prodotti alimentari che hanno bloccato le esportazioni verso gli USA, evidenzia i rischi della gestione dei rifiuti industriali e la necessità di standard ambientali e nucleari più rigorosi a livello globale.
Le catene di fornitura sono riconosciute come infrastrutture critiche vulnerabili a interruzioni geopolitiche e attacchi ibridi. La dipendenza dell’UE da Cina e Russia per materie prime critiche e tecnologie (chip) rende necessaria una diversificazione (es. IMEC) e una resilienza strutturale per mitigare shock economici e mantenere la sicurezza. Gli investimenti nei cantieri navali, come la cooperazione Grecia-Arabia Saudita e il varo di nave Olterra in Italia, sottolineano l’importanza strategica di queste infrastrutture per la sicurezza economica e marittima.

Conseguenze marittime
Le conseguenze marittime riflettono un contesto di crescente militarizzazione, competizione per le risorse e vulnerabilità delle rotte commerciali. Nel Mediterraneo Allargato, la revoca del blocco navale israeliano di Gaza e l’accesso ai giacimenti di gas offshore palestinesi potrebbero, in un quadro di pace stabile, favorire una soluzione “Due Stati”, ma la loro attua-zione è strettamente legata alla stabilità dell’accordo di tregua. La crisi nel Mar Rosso, causata dagli attacchi Houthi, continua a perturbare le rotte commerciali globali, costringendo le navi a percorsi più lunghi e costosi e spingendo l’UE a valutare alternative come l’IMEC.
L’Italia, con la proposta di riforma della governance portuale del viceministro Rixi, mira a uniformare le regole e creare un’offerta unica nazionale competitiva, sfruttando la sua posi-zione strategica nel Mediterraneo. L’obiettivo è attrarre investimenti stranieri e migliorare la logistica, diventando una importante potenza marittima in Europa. Tuttavia, l’Italia deve affrontare la critica dell’Ets europeo come “tassa iniqua” e la dipendenza cantieristica dall’A-sia per il dumping cinese, auspicando investimenti UE. I porti del Nord Adriatico (Trieste, Venezia, Ravenna), pur essendo hub importanti, rischiano la marginalizzazione a causa di crisi geopolitiche e climatiche, necessitando di integrazione orizzontale e investimenti.
Nell’Indo-Pacifico, la militarizzazione è palese. Gli Stati Uniti stanno potenziando Pearl Harbor per ospitare navi con missili ipersonici, riducendo i tempi di transito verso il teatro operativo dell’Indo-Pacifico e rafforzando la deterrenza contro la Cina. I droni Nomad di Sikorsky e i sistemi HIMARS, con la loro capacità di proiezione rapida, aumentano la letalità interforze. La Cina risponde con il drone stealth GJ-21 per portaerei e la portaerei Fujian, sfidando la supremazia navale USA. L’incidente nel Mar Cinese Meridionale, con la nave cinese che sperona un’imbarcazione filippina, acuisce le tensioni territoriali in un’area cruciale per il commercio e le risorse.
Le minacce USA di ritorsioni contro la tassa IMO sul carbonio marittimo (definita “neocoloniale”) potrebbero destabilizzare il commercio globale e generare crescenti tensioni nel settore marittimo. Infine, la creazione di una task force antinarcotici del Pentagono in America Latina, con operazioni marittime nei Caraibi e attacchi a imbarcazioni sospette, evidenzia la crescente militarizzazione delle acque internazionali per affrontare minacce come il narco-traffico.

Conseguenze per l’Italia
Per l’Italia, gli eventi del fine settimana hanno implicazioni significative su più fronti, con-solidando la necessità di una strategia chiara e proattiva. Sul piano della sicurezza e della difesa, il Documento Programmatico Pluriennale (DPP) 2025-2027, con un investimento di 31,298 miliardi di euro (1,58% del PIL), dimostra l’impegno del paese ad affrontare un contesto geopolitico instabile, rispondendo anche alle richieste NATO (2,01% in chiave NATO). Gli investimenti in nuovi programmi come satelliti LEO, veicoli anfibi, studi per nuove unità navali e sottomarini, potenziamento degli F-35 e del GCAP, indicano una volontà di modernizzare le forze armate e rafforzare le capacità dual-use. La joint-venture Leonardo-Baykar per droni armati dell’Aeronautica è un passo importante verso l’autonomia tecnologica e il posizionamento come attore chiave nell’ambito dei sistemi unmanned.
A livello marittimo, l’Italia si propone come un hub strategico della Blue Economy nel Medi-terraneo, come evidenziato da SeaFuture 2025 a La Spezia. La riforma della governance portuale proposta dal viceministro Rixi mira a uniformare le regole e creare un’offerta unica nazionale competitiva, attirando investimenti stranieri e migliorando la logistica. L’obiettivo di diventare la prima potenza marittima europea è ambizioso ma realizzabile, sfruttando la posizione geografica del paese come stabilizzatore globale. Tuttavia, l’Italia deve affrontare sfide come la critica all’Ets europeo e la dipendenza cantieristica dall’Asia, che richiedono investimenti UE per il settore. Il varo di nave Olterra a Genova, prima unità SdoSurs (Special & Diving Operations – Submarine Rescue Ship) per soccorso subacqueo e protezione infrastrutture, segna l’ingresso del cantiere T. Mariotti nei progetti militari, ma evidenzia an-che la necessità di maggiori spazi portuali. I porti del Nord Adriatico (Trieste, Venezia, Ravenna) rischiano la marginalizzazione a causa delle crisi geopolitiche (es. Houthi a Suez) e climatiche, rendendo cruciali gli investimenti in integrazione orizzontale e nelle reti per mantenere la loro rilevanza come hub mediterranei.
Sul piano delle relazioni internazionali, la partecipazione dell’Italia al vertice di Sharm el-Sheikh per consolidare la tregua a Gaza, sebbene in assenza di Israele, conferma l’impegno italiano nella stabilizzazione del Mediterraneo Allargato. Il Memorandum Italia-Grecia, che rafforza la diplomazia marittima, e la ricerca di partenariati con paesi come il Giappone, rientrano in una strategia più ampia di diversificazione e rafforzamento delle alleanze. Tuttavia, l’Italia, come parte dell’UE, subisce le tensioni commerciali con gli USA di Trump e le conseguenze delle sanzioni sull’Iran e delle crisi energetiche, che impongono la necessità di ridurre la dipendenza da risorse esterne e di aumentare la resilienza delle catene di fornitura. Un eventuale attacco USA al Venezuela, motivato dal narcotraffico ma mirato al petrolio, colpirebbe l’Italia con rincari energetici, perdite per Eni, un possibile aumento dell’inflazione e un calo dell’export. È inoltre probabile che vi sia un aumento dei flussi migratori dal Venezuela verso i paesi vicini creando situazioni difficili in paesi amici con il rischio di far aumentare le tensioni sociali. Vi è poi da considerare che i rischi geopolitici crescerebbero (Cina/Russia) così come quelli ambientali. Roma, divisa tra NATO e UE, perderebbe influenza in America Latina.
In sintesi, l’Italia si trova a bilanciare l’impegno nelle alleanze tradizionali con la ricerca di un’autonomia strategica e un ruolo di leadership nel Mediterraneo, in un contesto globale sempre più volatile.

Conclusioni
Il quadro geopolitico globale emerso dal fine settimana del 10-12 ottobre 2025 è caratterizzato da una complessità senza precedenti, dove le dinamiche regionali si intersecano con le tensioni tra grandi potenze, e l’innovazione tecnologica ridefinisce costantemente i contesti militari ed economici. La tregua a Gaza, pur rappresentando un sollievo umanitario, incarna la fragilità di accordi raggiunti senza una visione condivisa di governance e autodeterminazione, rischiando di implodere nuovamente. La competizione strategica tra Stati Uniti e Cina nell’Indo-Pacifico si intensifica, alimentando una corsa agli armamenti che coinvolge missili ipersonici, droni stealth e caccia di sesta generazione, con il rischio concreto di escalation in aree critiche come il Mar Cinese Meridionale. L’instabilità politica in diverse regioni del mondo, dal Venezuela al Nepal e al Perù, dal Giappone alla Francia e al Madagascar, riflette una crisi di governance globale che le élite tradizionali faticano a gestire, spesso amplificata da fattori esterni. Le tensioni economiche, guidate dai dazi protezionistici di Trump e dalle sanzioni sull’Iran, minacciano il commercio globale e l’agenda verde dell’UE, mentre le crisi energetiche in Ucraina e Russia sottolineano la vulnerabilità delle infrastrutture critiche. Il rischio di nuovi eventi bellici nell’area latino americana avrebbero ricadute assai negative per il sistema geopolitico globale
In questo contesto, è fondamentale che gli attori internazionali adottino un approccio pragmatico, promuovendo la cooperazione multilaterale per affrontare le sfide comuni, dalla pace nei conflitti alla sicurezza delle catene di fornitura, dalla transizione energetica alla stabilità finanziaria. La ricerca di soluzioni politiche durature per i conflitti, come la questione israelo-palestinese, richiede un impegno onesto e inclusivo, che tenga conto delle esigenze di tutte le parti. Per l’Italia, le raccomandazioni si concentrano su: 1) il consolidamento della sua posizione come hub della Blue Economy nel Mediterraneo, attraverso riforme portuali e investimenti strategici per attrarre capitali stranieri e rafforzare la logistica; 2) la prosecuzione degli investimenti nel DPP, con un focus sull’innovazione dual-use e lo sviluppo di capacità autonome nel settore dei droni e della difesa subacquea, per garantire la rilevanza e l’interoperabilità con gli alleati NATO; 3) una diplomazia attiva nel Mediterraneo Allargato, cercando di facilitare il dialogo e la stabilizzazione dei conflitti, anche attraverso partenariati con attori regionali e internazionali.
Tra i temi analizzati, quelli che presentano maggiori possibilità di ulteriori sviluppi e novità nei giorni successivi sono: la tenuta della tregua a Gaza e i prossimi passi verso una potenziale soluzione politica, che saranno influenzati dalle pressioni USA e dalle dinamiche in-terne di Israele e Hamas; l’evoluzione della crisi politica in Giappone e in Francia, che potrebbe portare a nuove leadership o governi di coalizione con impatti sulla politica interna ed estera; l’intensificazione della competizione militare e tecnologica nell’Indo-Pacifico, con annunci imminenti sugli sviluppi dei programmi militari di USA e Cina; e, infine, le conseguenze delle sanzioni USA sull’Iran e dei dazi commerciali di Trump sull’UE, che potrebbero innescare nuove reazioni a livello economico e diplomatico. Il lettore dovrà quindi prestare particolare attenzione a questi sviluppi, che plasmeranno il futuro assetto geopolitico globale.


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