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13-11-25 Dal mondo

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13-11-25 Dal mondo

I russi prendono Pokrovsk e Kupyansk 

Ucraina, il fronte crolla, gli amici degli amici rubano

Ucraina. Nuovo scandalo corruzione: il Nabu apre il caso Energoatom

Sabotaggio Nord Stream, Berlino accusa il generale ucraino Zaluzhniy

Mediterraneo Orientale: Ankara punta su Bengasi, allarme in Grecia ed Egitto

Il rebus del gas nelle tensioni tra Trump e Maduro

–🇬🇧Pakistan-Afghanistan Conflict and the Question of Cross-Border Terrorism

Neo-ottomanesimo energetico: la patria blu del gas

Ordini e ricavi in crescita nel bilancio di Fincantieri dei primi 9 mesi del 2025

Cantieri navali, Navantia entra nel mercato Indo-Pacifico

Il caso di Hong Kong, centro armatoriale resiliente: tra sfide geopolitiche e continuità strategica

–🇬🇧Red Sea Shipping Faces Uncertain Future as Houthi Ceasefire Brings Hope—and Caution

–🇬🇧China Ratchets Up Efforts to Import Blacklisted Russian LNG

–🇬🇧IEA Predicts World Oil, Gas Demand Could Grow Until 2050

–🇬🇧America Should Stick to its Guns on Port Fees for Chinese Ships

Caccia ai narcos, gli Usa hanno già ucciso 76 persone nelle acque di Pacifico e Caraibi

–🇬🇧Deepening US–Japan defence-industrial cooperation

–🇬🇧The top US military contractors cashing in on Caribbean operations

–🇬🇧America and Venezuela Might Go to War Soon. Brazil Is Getting Ready

–🇬🇧SubSea Craft – British innovation for maritime special forces

–🇬🇧In Defense of Aircraft Carriers and a Navy that is Not ‘Broken’

–🇬🇧Ronald Reagan’s “Star Wars” Plan Was the Forerunner to Trump’s “Golden Dome”

–🇬🇧New South Korean Destroyer Formation Practices Missile Defense in First-ever Fleet Wargames

–🇬🇧Japan Weighs Nuclear Submarines as New Defense Minister Koizumi Signals Break from Postwar Nuclear Taboo

Il 12 novembre 2025 si è configurato come una giornata densa di eventi, con sviluppi significativi che hanno ridefinito o accentuato le tensioni in diverse aree nevralgiche del globo. Le dinamiche emerse spaziano dalla politica commerciale aggressiva nel settore marittimo all’intensificarsi delle operazioni militari, passando per i complessi negoziati di pace e le implicazioni economiche derivanti dalle sanzioni e dalle nuove previsioni energetiche. Il quadro globale si mostra sempre più frammentato, con attori statali e non statali impegnati in un costante braccio di ferro per l’egemonia o la sopravvivenza.
Eventi Clou
Tra i numerosi fatti che hanno scandito la giornata, tre eventi principali meritano un approfondimento per la loro portata strategica. In primo luogo, l’intensificarsi della campagna statunitense contro il narcotraffico nei Caraibi e nel Pacifico Orientale ha raggiunto un bilancio preoccupante, con 76 presunti narcotrafficanti uccisi, sollevando un acceso dibattito internazionale sulla legalità di tali azioni. Il Segretario alla Difesa Pete Hegseth ha difeso l’uso della forza letale, definendo i cartelli “narco-terroristi” e inquadrando la lotta come una questione di sicurezza nazionale. Tuttavia, questa strategia si discosta dall’approccio più tradizionale della Guardia Costiera, che privilegia l’interdizione e l’arresto, e ha generato polemiche riguardo a possibili esecuzioni extragiudiziali in acque internazionali. Regno Unito e Canada hanno interrotto la condivisione di intelligence con gli Stati Uniti per timori legati al diritto internazionale, evidenziando una crescente divisione tra gli alleati occidentali. Questa escalation, con il dispiegamento della portaerei USS Gerald R. Ford e del suo strike group, ha innescato una reazione immediata da parte del Venezuela, con il presidente Maduro che ha ordinato una mobilitazione massiccia delle forze armate e della Milizia Bolivariana per esercitazioni difensive.
Un secondo evento cruciale è rappresentato dalle proteste della Corea del Nord contro le recenti visite del Segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth e del gruppo d’attacco della portaerei USS George Washington in Corea del Sud. Pyongyang ha denunciato queste azioni come provocatorie, accusando gli Stati Uniti di voler alimentare una “isteria bellica” e di integrare forze nucleari con quelle convenzionali nella regione. Il ministro della Difesa nordcoreano No Kwang Chol ha minacciato azioni offensive a difesa della sicurezza della DPRK, un monito subito concretizzato dal lancio, l’11 novembre, di un missile balistico a corto raggio (SRBM), il sesto dell’anno. Questo lancio, condannato da Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone come una violazione delle risoluzioni ONU e un atto destabilizzante, sottolinea la persistente volatilità della situazione nella penisola coreana e la spirale di tensione che si autoalimenta con le esercitazioni militari e le reciproche dimostrazioni di forza. Parallelamente, la Marina sudcoreana ha condotto la sua prima esercitazione navale a livello di flotta con la nuova formazione di superficie basata a Jeju, un chiaro segnale della volontà di Seul di rafforzare le proprie capacità di risposta rapida e di proiezione di potenza contro le minacce regionali.
Il conflitto in Ucraina rivela una duplice crisi: la crescente difficoltà a resistere all’avanzata russa e una radicata corruzione interna che mina lo sforzo bellico. Nonostante la tenacia ucraina, Mosca avanza lentamente nel Donbass, in particolare a Pokrovsk e Kupyansk, sfruttando perdite elevate e diserzioni che fiaccano le difese di Kiev. Parallelamente, scandali come l’Operazione Midas e le tangenti su Energoatom, che coinvolgono figure vicine al presidente Zelensky, evidenziano un sistema corrotto. Mentre i cittadini sono costretti a combattere e morire, molti si arricchiscono. Questo mina il morale e la capacità di resistenza, spingendo parte della popolazione a cercare negoziati, come dimostrato dal 69% degli ucraini favorevoli a trattative di pace con la Russia. La situazione è critica, con la Russia che guadagna terreno e il sostegno occidentale incerto, mentre l’ombra di un intrigo internazionale, come il sabotaggio del Nord Stream, complica ulteriormente il quadro.
Infine, un quarto elemento di grande rilievo è l’annuncio da parte dei ribelli Houthi yemeniti della sospensione temporanea degli attacchi marittimi contro Israele e della revoca del blocco navale sui porti israeliani. Questa mossa, contenuta in una lettera firmata dal nuovo capo di stato maggiore Yousef Hassan Al-Madani, giunge a seguito del cessate il fuoco tra Hamas e Israele raggiunto l’8 ottobre 2025, e apre alla speranza di una ripresa del traffico commerciale nel Canale di Suez, vitale per le rotte globali. Gli attacchi Houthi, protrattisi per quasi due anni, avevano causato gravi interruzioni, deviazioni verso il Capo di Buona Speranza e impatti significativi sui costi di spedizione e sui noli. Sebbene l’annuncio abbia generato un cauto ottimismo, esperti del settore marittimo, hanno espresso la necessità di conferme ufficiali e hanno messo in guardia sul fatto che il rischio, pur ridotto, non è ancora eliminato, e che la ripresa su larga scala potrebbe innescare una crisi di sovracapacità nel mercato container. La situazione resta quindi estremamente fluida, con implicazioni economiche e strategiche di vasta portata per il commercio internazionale.

Conseguenze dei fatti accaduti
Conseguenze geopolitiche
. L’intensificazione dell’unilateralismo statunitense sotto l’amministrazione Trump, con un “pivot” verso l’emisfero occidentale e l’uso aggressivo della forza contro il narcotraffico in Venezuela, sta erodendo il consenso tra gli alleati occidentali. Il blocco della condivisione di intelligence da parte di Regno Unito e Canada rappresenta un chiaro segnale di dissenso, compromettendo la coesione di fronte a sfide globali e alimentando un dibattito sulla legalità e l’etica delle “esecuzioni extragiudiziali” in acque internazionali. Questo approccio transazionista e spesso imprevedibile di Trump destabilizza non solo le alleanze storiche, ma anche i rapporti civili-militari interni, con la politicizzazione delle forze armate per questioni migratorie e di ordine pubblico. Nel frattempo, l’asse Mosca-Minsk-Pyongyang si consolida come un potente blocco revisionista nell’Heartland euro-asiatico, ponendosi come alternativa all’ordine euro-atlantico. La cooperazione militare-tecnologica tra questi attori, con la Russia che riceve munizioni dalla Corea del Nord in cambio di tecnologia missilistica e la Bielorussia che funge da hub logistico per aggirare le sanzioni, crea un nuovo fronte eurasiatico. Questo ecosistema, che si interseca con gli interessi di Iran e Cina, amplifica i rischi di proliferazione e di erosione del regime sanzionatorio occidentale. La Cina, in particolare, rafforza ulteriormente i suoi legami con la Russia attraverso lo sviluppo di una flotta ombra per l’importazione di LNG, aggirando le sanzioni e consolidando un’autarchia energetica euro-asiatica. In Asia Orientale e nell’Indopacifico, la competizione tra Stati Uniti e Cina continua a dominare la scena. Le tariffe portuali imposte dall’USTR (Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti) sulle navi cinesi, se mantenute e multilateralizzate con gli alleati europei, potrebbero rappresentare un passo significativo per contrastare il dominio marittima cinese e la sua industria cantieristica, che supporta l’espansione della Marina del PLA. La Corea del Sud e il Giappone reagiscono alle crescenti minacce regionali, in particolare dalla Corea del Nord e dalla Cina, rafforzando le proprie capacità difensive. Le esercitazioni navali della Corea del Sud e la discussione in Giappone sull’acquisizione di sottomarini nucleari (SSN) sono segnali di una corsa agli armamenti nella regione, con il rischio di una destabilizzazione del precario equilibrio di deterrenza. L’opposizione formale degli Stati Uniti all’indipendenza di Taiwan, se dovesse concretizzarsi come concessione alla Cina, minerebbe la deterrenza statunitense e la difesa taiwanese, legittimando ulteriormente le ambizioni egemoniche di Pechino nell’Indopacifico. Infine, nel Mediterraneo Allargato, la sospensione degli attacchi Houthi nel Mar Rosso, sebbene accolta con sollievo, non elimina completamente le incertezze sulla sicurezza marittima e mette in evidenza la fragilità della pace. Le tensioni tra Turchia, Grecia ed Egitto sulle rivendicazioni di Zone Economiche Esclusive (ZEE) nel Mediterraneo Orientale, alimentate dagli accordi marittimi di Ankara con la Libia orientale, rappresentano un focolaio di potenziale escalation militare. La corruzione in Ucraina, evidenziata dallo scandalo Energoatom, non solo indebolisce la resistenza di Kiev sul fronte orientale, ma mina anche la credibilità del paese di fronte ai partner occidentali, complicando il percorso verso l’adesione all’UE e la percezione internazionale della guerra. La situazione al confine tra Pakistan e Afghanistan, con la persistenza del TTP e i bombardamenti pakistani, minaccia di destabilizzare ulteriormente una regione già fragile, con rischi di ricadute per la sicurezza internazionale.

Conseguenze strategiche. L’escalation militare statunitense nei Caraibi, con il dispiegamento della USS Gerald R. Ford e l’approccio aggressivo contro il narcotraffico, evidenzia una strategia che prioritizza la proiezione di forza unilaterale, ma che rischia di alienare gli alleati e di innescare conflitti diretti, come nel caso del Venezuela. Questo “pivot” all’emisfero occidentale di Trump, combinato con la politicizzazione dell’esercito, riduce la credibilità e l’influenza a lungo termine degli Stati Uniti come baluardo di un ordine basato su regole come quelle in ambito ONU. La ritorsione venezuelana, con la mobilitazione di milizie, crea un precedente pericoloso di contrapposizione diretta tra forze armate statunitensi e di uno stato sovrano. Nell’Indopacifico, la strategia di deterrenza si basa su un rafforzamento delle capacità militari regionali e sulla cooperazione tra alleati. Le esercitazioni navali sudcoreane con i cacciatorpediniere Aegis e la discussione giapponese sull’acquisizione di sottomarini nucleari (SSN) rappresentano passi significativi per bilanciare la crescente assertività militare di Cina e Corea del Nord. Questi sviluppi sottolineano la transizione verso marine più “blue water”, capaci di proiezione di potenza e difesa missilistica avanzata. La cooperazione industriale difensiva USA-Giappone, focalizzata su produzione congiunta di armamenti e tecnologie sensibili, è cruciale per ridurre le dipendenze e accelerare le consegne in un contesto di minacce rapide e complesse. La resilienza dei centri armatoriali come Hong Kong, nonostante le tensioni geopolitiche, evidenzia la capacità di alcuni hub di adattarsi e mantenere un ruolo strategico, fungendo da ponti economici anche in scenari di forte polarizzazione. Il conflitto in Ucraina, con l’avanzata russa nel Donbass e l’incremento degli attacchi alle infrastrutture energetiche, mostra la strategia di logoramento di Mosca, che sfrutta la debolezza e la corruzione interna di Kiev. La ricerca di un “cessate il fuoco” tramite canali informali, come Orbán, riflette la necessità di definire uno “stato finale” del conflitto, data l’impossibilità di una soluzione militare decisiva e il costo umano ed economico prolungato. Tuttavia, l’asse Mosca-Minsk-Pyongyang consolida una strategia di “autarchia eurasiatica” che aggira le sanzioni e rafforza reciprocamente le capacità militari, rappresentando una sfida strutturale all’architettura di sicurezza occidentale. La decisione di Putin di preparare test nucleari a Novaya Zemlya, in risposta a Trump, è una mossa strategica per riaffermare la deterrenza russa e destabilizzare il regime globale di non proliferazione, con il rischio di una pericolosa emulazione da parte di altri stati. Infine, la difesa delle portaerei statunitensi, nonostante le critiche sulla loro vulnerabilità e costo, rimane un pilastro della proiezione di potenza americana. L’integrazione di sistemi unmanned, con l’obiettivo di avere a bordo velivoli unmanned in numero tale da rappresentare il 60% del totale di entro 15 anni, dimostra un adattamento strategico per mantenere la superiorità aerea e il controllo del mare anche in contesti privi di basi terrestri. Tuttavia, le lezioni apprese dalla fallita “guerra” contro gli IED (Improvised Explosive Device) in Iraq e Afghanistan, con l’asimmetria dei costi e la capacità di adattamento del nemico, suggeriscono che una strategia contro i droni e le minacce asimmetriche deve basarsi su difese a strati, scalabili e cost-effective, evitando la ripetizione di errori passati che hanno privilegiato soluzioni tecnologiche costose e spesso inefficaci di fronte all’ingegno e capacità di adattamento dell’avversario.
Conseguenze economiche, tecnologiche, finanziarie ed energetiche. Le ripercussioni economiche, tecnologiche, finanziarie ed energetiche degli eventi del 12 novembre 2025 sono importanti. A livello energetico, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha rivisto le sue previsioni, prevedendo una crescita della domanda globale di petrolio e gas fino al 2050, contrariamente alle precedenti stime di rapida transizione. Questo, trainato in parte dalla crescente domanda di energia per data center e intelligenza artificiale, suggerisce un potenziale “oversupply” di petrolio e gas, ma anche la necessità di investimenti significativi nelle infrastrutture di LNG, con una capacità di NLG che aumenterà del 50% entro il 2030. Tale scenario supera l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5°C, sottolineando l’urgenza di un piano concreto da portare avanti nella COP30. La Cina, per assicurarsi le forniture, sta intensificando gli sforzi per importare gas naturale liquefatto (LNG) russo soggetto a sanzioni, sviluppando una “flotta ombra” domestica. Questo, insieme all’accumulo di un miliardo di barili di petrolio, gran parte dei quali proveniente da nazioni sanzionate come Russia, Iran e Venezuela, evidenzia lo stress del mercato energetico globale a causa delle sanzioni occidentali, che bloccano le spedizioni e influiscono sui prezzi e sui costi di spedizione. Nel settore finanziario e industriale, Fincantieri ha registrato una performance eccellente nei primi nove mesi del 2025, con ricavi in aumento del 20% e un carico di lavoro record di 61,1 miliardi di euro. L’azienda sta investendo in tecnologie all’avanguardia come droni autonomi subacquei, propulsione a celle a combustibile e intelligenza artificiale per operazioni navali e portuali, rafforzando la sua posizione competitiva a livello globale e contribuendo alla sovranità tecnologica italiana e europea. Parallelamente, il cantiere navale spagnolo Navantia è entrato nel mercato della Difesa dell’Indo-Pacifico, offrendo piattaforme innovative come le fregate F-110 e i sottomarini S-80, intensificando la competizione ma anche integrandosi in cooperazioni europee per l’autonomia strategica. Questi sviluppi evidenziano la crescente spesa per la difesa e i programmi di ammodernamento delle flotte a livello mondiale, alimentando l’industria navale. Le sanzioni economiche continuano a modellare il panorama geopolitico. L’assedio di Lukoil da parte degli Stati Uniti, con il blocco della vendita di asset esteri e la sospensione dei pagamenti dall’Iraq, mira a tagliare i finanziamenti alla Russia e a ridurne l’influenza in Europa e nel Medio Oriente. In Venezuela, le operazioni anti-narcotraffico statunitensi, che hanno portato alla sospensione degli accordi energetici di Maduro con Trinidad e Tobago, mettono in discussione la geopolitica del gas nei Caraibi, con potenziali implicazioni per la saturazione del mercato statunitense e la presenza di Cina, Russia e Iran nella regione. A livello tecnologico, l’innovazione è spinta da esigenze di sicurezza. SubSea Craft, con le sue piattaforme modulari per le forze speciali marittime, e l’integrazione di AI e sistemi unmanned sulle portaerei statunitensi, dimostrano l’orientamento verso soluzioni stealth, persistenti e in grado di ridurre l’esposizione del personale. Tuttavia, l’uso dell’AI in domini ad alto rischio come la guerra richiede l’integrazione di esperti di dominio per mitigare errori e bias, come sottolineato dal report CSIS. Le lezioni dalla “guerra fallita” contro gli IED evidenziano la necessità di difese a strati e scalabili contro i droni, evitando l’asimmetria dei costi e la dipendenza da supply chain dominate dalla Cina. Infine, la corruzione rimane un grave ostacolo allo sviluppo. Lo scandalo Energoatom in Ucraina, con lo schema di tangenti da 100 milioni di dollari e il coinvolgimento di figure vicine a Zelensky, mina la credibilità del paese, specialmente nel contesto della richiesta di adesione all’UE, e compromette gli sforzi per resistere all’aggressione russa. A livello globale, la proposta di una “cellula intelligence” dell’UE solleva preoccupazioni sulla sovranità nazionale e sulla reale efficacia di strutture burocratiche senza una politica estera condivisa. La rivisitazione della “paura della radiazione nucleare”, con nuove evidenze che suggeriscono una soglia di sicurezza molto più alta, potrebbe sbloccare l’espansione dell’energia nucleare come fonte pulita e a basso costo, essenziale per affrontare la crescente domanda energetica globale e gli obiettivi climatici.
Conseguenze marittime. La sospensione degli attacchi Houthi nel Mar Rosso, sebbene porti un cauto ottimismo, non garantisce un ritorno immediato e totale alla normalità per il traffico marittimo. Le compagnie di navigazione e le assicurazioni attendono conferme ufficiali e una riduzione dei costi assicurativi, che rimangono elevati. La potenziale riapertura su larga scala del Canale di Suez, come indicato dal ritorno di 229 navi a ottobre, potrebbe però generare una crisi di sovracapacità nel mercato container, già in calo del 50% quest’anno, con previsioni di ulteriori riduzioni dei tassi di nolo. Questo scenario sottolinea la fragilità del settore e la sua suscettibilità agli shock geopolitici. A livello di sicurezza marittima, l’intensificarsi delle operazioni statunitensi contro il narcotraffico nei Caraibi e nel Pacifico Orientale, con il dispiegamento del gruppo d’attacco della portaerei USS Gerald R. Ford e l’uso della forza letale, evidenzia una militarizzazione delle rotte marittime e un approccio più aggressivo alla sicurezza. Questa strategia, tuttavia, solleva questioni legali e diplomatiche, come dimostrato dalla sospensione della condivisione di intelligence da parte di Regno Unito e Canada, e rischia di destabilizzare ulteriormente la regione. Le minacce della Corea del Nord, con il lancio di missili balistici e le proteste contro le visite di portaerei statunitensi, mantengono alta la tensione nel Mar del Giappone e nello Stretto di Corea, obbligando la Marina sudcoreana a intensificare le sue esercitazioni e a rafforzare le capacità di difesa missilistica. La competizione per l’egemonia marittima nell’Indopacifico è particolarmente accesa. Le tariffe portuali imposte dall’USTR sulle navi cinesi mirano a contrastare il dominio di Pechino nel trasporto marittimo globale e a colpire la sua industria cantieristica, che supporta l’espansione della Marina del PLA. Questa “Maritime Statecraft” evidenzia la dimensione economica della competizione strategica. In questo contesto, l’interesse del Giappone per l’acquisizione di sottomarini nucleari (SSN) e l’approfondimento della cooperazione industriale difensiva con gli Stati Uniti rappresentano passi significativi per bilanciare la crescente assertività cinese e nordcoreana, aumentando la proiezione di forza e la deterrenza subacquea nella regione. I cantieri navali spagnoli Navantia, con il loro ingresso nel mercato della Difesa dell’Indo-Pacifico, contribuiscono a questa corsa agli armamenti navali, intensificando la competizione con attori consolidati come Fincantieri e Naval Group. Infine, la resilienza di hub marittimi come Hong Kong, nonostante le tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina, sottolinea l’importanza di infrastrutture e reti consolidate nel commercio globale. La capacità della città di mantenere la sua attrattività come centro armatoriale, con una forte connessione con la Cina e un ecosistema di servizi legali e finanziari, dimostra come alcuni nodi strategici possano adattarsi e reinventarsi anche in contesti di forte polarizzazione. Nel Mediterraneo orientale, le tensioni si acuiscono a causa della crescente assertività della Turchia, che mira a consolidare la sua posizione come potenza regionale, mettendo in difficoltà Grecia ed Europa. Un elemento chiave di questa strategia è la dottrina della “Mavi Vatan” (Patria Blu). Ankara rivendica un’ampia Zona Economica Esclusiva (ZEE), in parte tramite accordi contestati, come il memorandum marittimo del 2019 con la Libia. Questo accordo, se ratificato dalla Camera libica orientale, estenderebbe ulteriormente il controllo turco sulle risorse energetiche del Nord Africa. La Turchia sta diversificando i suoi partner in Libia, avvicinandosi anche al generale Haftar, per mitigare l’instabilità e rafforzare le sue rivendicazioni. Questa politica allarma la Grecia e l’Egitto, che hanno risposto stringendo alleanze e accordi bilaterali e trilaterali con Cipro per contrastare le ambizioni turche, spingendo verso una cooperazione multilaterale per evitare un’escalation militare. Parallelamente, la Turchia potenzia le sue capacità militari, acquisendo Eurofighter Typhoon equipaggiati con missili avanzati come i Meteor, rafforzando la sua deterrenza nel Mediterraneo e Medio Oriente. Questa mossa, che garantisce parità con gli F-35 israeliani, lancia un messaggio implicito a Tel Aviv e complica ulteriormente il quadro geostrategico, con implicazioni per la stabilità regionale, le risorse energetiche e le rotte migratorie, che destano preoccupazione per l’Italia e l’intera Europa. La Royal Fleet Auxiliary britannica, con il programma Fleet Solid Support (FSS), sta rafforzando le sue capacità logistiche per supportare i gruppi operativi della Royal Navy in mare, evidenziando l’importanza del supporto alla flotta in un contesto di operazioni globali prolungate.
Conseguenze per l’Italia. In primo luogo, il successo di Fincantieri, con ricavi e ordini in forte crescita e un carico di lavoro record, rappresenta un pilastro fondamentale per l’industria italiana. Gli investimenti dell’azienda in tecnologie all’avanguardia come i droni subacquei autonomi, la propulsione a celle a combustibile e l’intelligenza artificiale per operazioni navali e portuali non solo rafforzano la sua posizione competitiva globale, ma contribuiscono anche alla sovranità tecnologica e alla sicurezza nazionale dell’Italia, garantendo know-how e posti di lavoro altamente qualificati. L’enfasi sulla supply chain locale, con l’80% degli acquisti in Italia, genera un impatto positivo sull’intero indotto industriale. Le tensioni nel Mediterraneo Orientale, con la Turchia che punta alla ratifica dell’accordo marittimo con la Libia orientale (Bengasi) e le reazioni di Grecia ed Egitto, sono una fonte di preoccupazione diretta per l’Italia. La dottrina turca della “Mavi Vatan” e l’espansione delle rivendicazioni di ZEE nell’area di interesse italiano, ricca di risorse energetiche e strategica per le rotte commerciali e migratorie, richiedono una posizione diplomatica ferma e un coordinamento con gli alleati europei. L’Italia è direttamente coinvolta negli sviluppi libici, sia per la sicurezza energetica che per la gestione dei flussi migratori, e un’escalation militare nella regione avrebbe conseguenze immediate per la sua stabilità e i suoi interessi. Sul fronte energetico, le previsioni della IEA di crescita della domanda di petrolio e gas fino al 2050 e lo sviluppo cinese di una “flotta ombra” per il LNG russo, sottolineano la persistente dipendenza dalle fonti fossili e la necessità per l’Italia di diversificare le proprie forniture e investire in infrastrutture energetiche resilienti, inclusa l’energia nucleare di nuova generazione (SMR), per ridurre la vulnerabilità geopolitica. Lo scandalo della corruzione in Ucraina, evidenziato dal caso Energoatom, ha un impatto indiretto sulla credibilità europea e sulla percezione della guerra, influenzando anche il sostegno dell’Italia a Kiev. Il consolidamento dell’asse Mosca-Minsk-Pyongyang, con la cooperazione militare e tecnologica per aggirare le sanzioni, rappresenta una sfida per la sicurezza europea e, di conseguenza, per l’Italia, membro della NATO e dell’UE. L’erosione del regime sanzionatorio e il rischio di proliferazione di tecnologie militari richiedono un rafforzamento della deterrenza integrata, un potenziamento delle capacità cyber e una produzione difensiva autonoma nell’ambito della Bussola Strategica dell’UE, aspetti che coinvolgono direttamente l’industria della difesa italiana. Le relazioni commerciali dell’Italia con l’Asia Centrale, in particolare con l’Uzbekistan, rappresentano una nuova frontiera per l’export italiano e un’opportunità strategica per diversificare i mercati e ridurre la dipendenza da attori tradizionali. Gli accordi bilaterali per 3 miliardi di dollari e gli investimenti italiani in settori come le materie prime e l’idrogeno verde, posizionano l’Italia come un ponte tra Europa e Asia Centrale, aprendo nuove rotte commerciali e energetiche. Infine, la critica di Coldiretti all’accordo sulla PAC dell’UE, che riduce i fondi per gli agricoltori e aumenta la dipendenza dalle importazioni, è un tema di vitale importanza per l’Italia, la cui agricoltura è un settore strategico. Le proteste degli agricoltori europei e la richiesta di negoziati diretti con la Commissione sottolineano la necessità di una politica agricola comune che tuteli la sovranità alimentare e la competitività del settore italiano, in linea con gli obiettivi del Green Deal ma senza sacrificare la produzione interna.

Conclusioni
Il 12 novembre 2025 ha cristallizzato un quadro geopolitico globale in rapida evoluzione, caratterizzato da un’escalation di tensioni militari, una competizione economica e tecnologica acuta e una frammentazione crescente delle alleanze internazionali. L’unilateralismo statunitense, pur se volto a rafforzare la sicurezza nazionale, rischia di compromettere la coesione occidentale, come dimostrato dal dissenso di Regno Unito e Canada sulle operazioni nei Caraibi. Questo approccio, combinato con la spinta egemonica della Cina nell’Indopacifico e la consolidazione dell’asse revisionista Mosca-Minsk-Pyongyang, disegna un ordine mondiale sempre più multipolare e instabile. La corsa agli armamenti, sia convenzionali che nucleari, con il Giappone che valuta i sottomarini SSN e la Russia che prepara test nucleari, accentua la fragilità della deterrenza globale. Parallelamente, le crisi regionali, dal Mar Rosso al confine pakistano-afghano, e la persistente corruzione interna in paesi chiave come l’Ucraina, dimostrano come le debolezze interne possano essere sfruttate da attori esterni, prolungando i conflitti e minando la fiducia internazionale.Per navigare in questo scenario complesso, è imperativo che le democrazie occidentali adottino un approccio strategico più coerente e multilateralista. È fondamentale mantenere le sanzioni contro i regimi che minacciano la stabilità globale, ma al contempo ricercare canali diplomatici pragmatici per la de-escalation e la definizione di “stati finali” accettabili per i conflitti in corso, come suggerito per l’Ucraina. La cooperazione industriale difensiva tra alleati deve essere accelerata, promuovendo l’autonomia tecnologica e la resilienza delle supply chain, soprattutto in settori critici come la difesa marittima e l’energia. L’integrazione di nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale e i sistemi unmanned, deve essere guidata da principi etici e dalla necessità di esperti di dominio, per mitigare i rischi e garantire un uso responsabile. A livello economico, la diversificazione delle forniture energetiche e la promozione di fonti pulite, inclusa l’energia nucleare, sono cruciali per ridurre la vulnerabilità geopolitica. Guardando ai possibili sviluppi futuri, diversi temi analizzati nella sintesi sono destinati a rimanere centrali. La situazione nel Mar Rosso, con la sospensione degli attacchi Houthi, necessiterà di costanti monitoraggio per la piena riapertura delle rotte e le sue implicazioni sulla sovracapacità del mercato container. Le tensioni tra USA e Venezuela, così come la risposta del Brasile, saranno un banco di prova per l’unilateralismo statunitense e i suoi effetti in America Latina. L’asse Mosca-Minsk-Pyongyang continuerà a sfidare le sanzioni e a influenzare i conflitti regionali, richiedendo una risposta coesa e strategica da parte dell’Occidente. La competizione tra Stati Uniti e Cina nell’Indopacifico, con le questioni di Taiwan, le tariffe commerciali e la corsa agli armamenti navali, rimarrà il fulcro della geopolitica globale. Per l’Italia, sarà cruciale continuare a investire nella sua industria della difesa e marittima, consolidare le partnership strategiche nel Mediterraneo Orientale e diversificare le sue relazioni commerciali, in particolare con l’Asia Centrale. Sarà inoltre essenziale affrontare le sfide interne, come la corruzione e la sostenibilità agricola, per rafforzare la sua posizione e la sua influenza in un contesto globale sempre più volatile.


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