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20-10-25 Dal mondo

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20-10-25 Dal mondo

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Il panorama geopolitico globale tra il 17 e il 19 ottobre 2025 è stato un crocevia di eventi significativi, che hanno evidenziato la crescente complessità e interconnessione delle dina-miche internazionali. Dalla diplomazia delle grandi potenze alle frizioni regionali, dalla competizione tecnologica alla ridefinizione delle rotte commerciali e delle architetture di si-curezza, il mondo ha assistito a una serie di sviluppi che preannunciano profonde trasfor-mazioni negli equilibri di potere e nelle relazioni internazionali. La presente analisi si pro-pone di offrire una sintesi chiara e approfondita di questi avvenimenti, esplorandone le conseguenze geopolitiche, strategiche, economiche, marittime e per l’Italia, al fine di fornire un quadro esaustivo e stimolante.

Eventi Clou
Gli eventi più salienti di questo periodo di tre giorni sono stati i continui tentativi diploma-tici di Donald Trump e l’approfondimento della cooperazione militare tra Cina e Arabia Sau-dita.
Innanzitutto, la diplomazia di Trump ha continuato a dominare la scena. La sua posi-zione pragmatica e orientata al negoziato si è manifestata chiaramente negli incontri con il Presidente ucraino Zelensky. Quest’ultimo, alla ricerca di missili a lungo raggio come i To-mahawk per sostenere lo sforzo bellico contro la Russia, ha trovato un Presidente Trump più incline a spingere per una “pace negoziata”, suggerendo un congelamento delle forze e un accordo. Questa linea è stata ribadita dalla decisione di Trump di non autorizzare la fornitu-ra immediata dei Tomahawk all’Ucraina, una mossa interpretata come un tentativo di ridurre l’escalation e di preservare l’ambiguità in un momento di elevati costi, opportunità e pres-sioni interne. La prospettiva di un vertice Trump-Putin a Budapest ha ulteriormente accen-tuato le preoccupazioni europee, temendo che un accordo tra le due superpotenze possa avvenire a spese di Kiev. Parallelamente, Trump ha mediato un accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian, portando alla definizione di una “Trump Route for Peace and Prosperity (TRIPP)” e alla marginalizzazione del Gruppo di Minsk OSCE, segno evidente della volontà statunitense di affermare la propria influenza diplomatica anche in aree tradizionalmente sotto l’orbita russa.
Infine, la cooperazione militare tra Cina e Arabia Saudita ha raggiunto un nuovo livello con l’avvio dell’esercitazione navale congiunta “Blue Sword 2025”. Oltre 700 militari cinesi si sono uniti alle forze saudite presso la base navale di Jubail per tre settimane di adde-stramento incentrato su sicurezza marittima, anti-pirateria e soccorso in caso di disastri. Questa è stata la terza esercitazione bilaterale di questo tipo, ma la prima ospitata in acque saudite, un evento di grande rilevanza simbolica. “Blue Sword” evidenzia la crescente im-pronta cinese nell’architettura di sicurezza del Medio Oriente, con Pechino che si posiziona come partner alternativo a Washington per gli stati del Golfo che cercano di diversificare le proprie alleanze. Per Riad, la cooperazione con la Cina offre una leva diplomatica e nuove opzioni di collaborazione militare al di fuori dell’ombrello occidentale. L’esercitazione si colloca in un contesto di incremento dei legami economici sino-sauditi, suggerendo un len-to ma significativo spostamento dell’allineamento geopolitico del Golfo verso est.

Conseguenze dei fatti accaduti
Conseguenze geopolitiche

Le conseguenze geopolitiche degli eventi tra il 17 e il 19 ottobre 2025 sono di vasta porta-ta e delineano un “multiorder world” (un termine che compare per la prima volta al fine di evitare l’uso del termine multi-polare) in rapida evoluzione.
In primo luogo, l’approccio “America First” di Donald Trump, con la sua enfasi sui negoziati e la riluttanza a un’escalation militare in Ucraina, segnala una potenziale ridefinizione della leadership statunitense. Questo spinge l’Europa verso una maggiore autonomia strategica ma, al contempo, crea incertezza tra gli alleati USA e potrebbe significare l’accettazione del-le richieste russe relativamente alla sicurezza. La mediazione di Trump nel conflitto Arme-nia-Azerbaigian e la sua proposta per Gaza dimostrano un tentativo di affermare la diploma-zia americana, ma la resistenza di Hamas a “tutele straniere” e le incertezze sulla governan-ce di Gaza indicano le sfide intrinseche.
In secondo luogo, l’ascesa della Cina come potenza geopolitica è inarrestabile. Le sue ini-ziative (GSI, GDI, GCI) offrono un’alternativa all’ordine occidentale, rafforzando i legami con il Sud globale e consolidando alleanze come la SCO con Russia e India. La “port power” ci-nese e le sanzioni mirate contro Hanwha dimostrano la sua capacità di armare la leva eco-nomica e tecnologica per plasmare le catene di approvvigionamento globali a proprio van-taggio. Le sue attività nel Mar Cinese Meridionale e intorno alle Senkaku, con speronamenti e sondaggi navali quasi quotidiani, sono un test per la risolutezza degli alleati USA e una chiara dimostrazione di assertività territoriale, spingendo la regione verso una militarizza-zione crescente.
In terzo luogo, la Russia, sebbene indebolita dalle sanzioni e con una presenza navale ri-dotta nel Mediterraneo, continua a perseguire una strategia revisionista, sfruttando le debo-lezze europee e cercando alleanze alternative. La sua “guerra ibrida” nel Baltico, con tatti-che non convenzionali e operazioni nella zona grigia, mira a destabilizzare senza innescare un conflitto diretto. La sua ricerca di nuove rotte energetiche e la messa in opera di un si-stema di pagamenti parallelo con l’Africa riflettono una strategia di resilienza per bypassare le sanzioni e ridurre la dipendenza dal dollaro.
Infine, le crisi regionali, dal Corno d’Africa al Myanmar, fino ai conflitti di confine tra Paki-stan e talebani, dimostrano la fragilità degli Stati e l’impatto dei conflitti locali sulla sicu-rezza globale. L’accordo Somaliland-Etiopia, ad esempio, rischia di destabilizzare l’intero Corno d’Africa, mentre la guerra civile in Myanmar lo ha trasformato in uno “Stato fallito”. Questi conflitti non solo generano crisi umanitarie ma fungono anche da catalizzatori per l’intervento e la competizione di potenze esterne. La migrazione dei cervelli sanitari, infine, evidenzia come anche settori apparentemente non geopolitici possano diventare frontiere di competizione globale, ridefinendo gli equilibri sanitari e l’influenza tra nazioni.

Conseguenze strategiche
Le conseguenze strategiche degli eventi recenti sono profondamente intrecciate con la ride-finizione delle architetture di sicurezza e l’evoluzione delle tattiche militari. La riluttanza di Trump a fornire missili Tomahawk all’Ucraina, unita alla sua spinta per un negoziato, segna un cambiamento strategico da una deterrenza espansiva a una gestione del rischio. Questo approccio mira a ridurre l’escalation ma potrebbe anche essere interpretato come un inde-bolimento del supporto occidentale a Kiev, incentivando la Russia a prolungare il conflitto o a consolidare le sue acquisizioni territoriali. L’inefficacia dei sistemi Patriot in Ucraina con-tro i missili balistici Iskander-M russi, aggiornati con nuove capacità di manovra, evidenzia una rincorsa tecnologica costante e la necessità di una deterrenza multidimensionale che non si basi solo sull’intercettazione, ma anche su capacità offensive e di inganno.
Nel teatro Indo-Pacifico, la strategia di “port power” della Cina, le sue massicce costruzioni navali e le esercitazioni congiunte con l’Arabia Saudita (Blue Sword 2025) indicano una chiara volontà di proiezione di potenza e di costruzione di un’architettura di sicurezza alter-nativa all’egemonia statunitense. Le intrusioni quasi quotidiane nelle acque giapponesi delle Senkaku e gli scontri navali nel Mar Cinese Meridionale rappresentano una strategia di “gray zone”, finalizzata a erodere lo status quo e a testare la risoluzione degli alleati USA, senza innescare un conflitto aperto. La risposta degli Stati Uniti e dei suoi partner, attraver-so esercitazioni come Sama-Sama, mira a rafforzare la deterrenza integrata e a sottolineare che il Mar Cinese Meridionale è un “commons” globale.
La Russia, nonostante le sue limitazioni navali nel Mediterraneo, sta estendendo la sua “guerra ibrida” ai domini marittimi nel Baltico, utilizzando tattiche non convenzionali per destabilizzare la regione. La strategia britannica di sviluppare una rete AI anti-sottomarini (Operazione Atlantic Bastion) per proteggere il “gap GIUK” è una risposta diretta a questa minaccia, combinando asset tradizionali con sistemi senza pilota e intelligenza artificiale per garantire la sicurezza marittima della NATO. La Finlandia, guidando la Naval Mines Coopera-tion (NMC), rafforza la difesa collettiva nel Baltico tramite procurement congiunto e svilup-po di mine navali.
Infine, la rivoluzione interna all’élite militare cinese, con l’epurazione di generali di alto rango per corruzione, serve a rafforzare il controllo di Xi Jinping sul PLA, assicurando una maggiore fedeltà e un allineamento con i suoi obiettivi strategici.
L’interesse per il riutilizzo delle corazzate USA e lo sviluppo di droni da combattimento na-vali (CCA) e USV veloci per rifornimenti militari, evidenziano la costante ricerca di innova-zione e adattamento alle nuove sfide belliche, con l’integrazione di sistemi autonomi e se-mi-autonomi nelle capacità militari future. Questi sviluppi sottolineano la continua evoluzio-ne del pensiero strategico per affrontare un ambiente di sicurezza sempre più complesso e contestato.

Conseguenze economiche, tecnologiche, finanziarie ed energetiche
Le sanzioni statunitensi sul petrolio iraniano, che colpiscono anche entità cinesi, hanno in-terrotto le catene di approvvigionamento di greggio, facendo schizzare i costi spot per le navi cisterna e esacerbando le relazioni sino-americane. Questo illustra come le sanzioni, pur mirando a obiettivi specifici, abbiano effetti a cascata sull’economia globale e sui mer-cati energetici.
Il summit Trump-Xi, in prospettiva, evidenzia la consapevolezza della necessità di una rela-zione stabile tra le due maggiori economie mondiali, ma le pressioni politiche interne e la continua guerra tariffaria (dazi cinesi sulle importazioni USA, ritorsioni sulle terre rare) li-mitano i progressi. La Cina, in risposta alla rivalità con gli Stati Uniti, sta raddoppiando gli sforzi sull’autosufficienza tecnologica, enfatizzando la produzione di semiconduttori, veicoli elettrici e terre rare. Questa strategia geoeconomica, che privilegia la forza dell’offerta ri-spetto alla stimolazione del consumo, riflette la determinazione di Pechino a conquistare terreno strategico e a resistere a sanzioni e barriere commerciali statunitensi, con implica-zioni significative per le catene di approvvigionamento globali.
Il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato un allarme significativo sul debito pubblico globale, che supererà il 100% del PIL entro il 2029, a causa di tassi di interesse in aumen-to, spese per guerre e invecchiamento della popolazione. La rinnovata guerra commerciale USA-Cina è considerata un grave rischio al ribasso per l’economia globale, danneggiando la crescita e le entrate fiscali. Questo evidenzia l’interconnessione tra sicurezza economica e stabilità geopolitica, con nazioni fortemente indebitate che potrebbero avere capacità limita-te di rispondere a future crisi.
Le nuove tariffe statunitensi sui porti per navi battenti bandiera cinese o gestite da entità cinesi stanno ridisegnando la geografia marittima asiatica, spingendo importanti compagnie di navigazione a riallocare le loro flotte a Singapore. Questo rafforza la posizione di Singa-pore come hub strategico e rifugio per gli armatori asiatici, influenzando lo status di Hong Kong come centro marittimo.
La Russia, in risposta alle sanzioni e alla dipendenza dal dollaro, sta sviluppando una nuova infrastruttura di pagamenti parallela con l’Africa per facilitare le transazioni transfrontaliere in valute locali. Questa iniziativa mira a bypassare la dipendenza da dollaro ed euro, norma-lizzare i collegamenti a bassa esposizione e promuovere la sovranità economica per i parte-cipanti.
Il progetto del tunnel di Bering, infine, sebbene ambizioso, potrebbe trasformare l’Artico da zona di conflitto a piattaforma di governance, promuovendo una competizione regolamentata per asset irreversibili e un tentativo di normalizzare la cooperazione tra Russia e Stati Uniti.
Dal punto di vista tecnologico, l’aumento nell’uso dell’intelligenza artificiale nella guerra cibernetica, da parte sia degli attaccanti che dei difensori, ha sollevato preoccupazioni si-gnificative. Gli attacchi ransomware ai fornitori sanitari sono aumentati del 30% quest’anno, evidenziando il crescente nesso tra minacce cibernetiche e sicurezza umana. L’AI viene uti-lizzata per creare email phishing, adattare malware e generare deepfake vocali, ma anche per il rilevamento di anomalie e la risposta agli incidenti. La scadenza del Cybersecurity In-formation Sharing Act negli USA e il dibattito su norme di base per l’uso dell’AI evidenzia-no la necessità urgente di affrontare questa nuova frontiera di conflitto.

Conseguenze marittime
Le conseguenze marittime degli eventi recenti sono particolarmente significative, con un impatto diretto sulla sicurezza delle rotte commerciali, la proiezione di potenza navale e la ridefinizione delle geografie marittime globali. L’instabilità nel Mar Rosso, causata dagli at-tacchi degli Houthi yemeniti, ha compromesso la sicurezza globale, riducendo i transiti nel Canale di Suez di oltre il 60%. Questo ha portato a un crollo dei ricavi per l’Egitto e a un aumento dell’inflazione globale, costringendo le navi a percorrere rotte alternative via Capo di Buona Speranza, con un aumento dei costi e delle congestioni. L’inefficacia dell’Opera-zione Prosperity Guardian USA sottolinea la necessità di una cooperazione internazionale più robusta per contrastare la pirateria e l’instabilità in questa arteria vitale.
Nel Mar Cinese Meridionale, gli scontri navali tra Filippine e Cina e le crescenti intrusioni cinesi nelle acque territoriali giapponesi delle Senkaku rappresentano una militarizzazione crescente della regione. La Cina, con la sua imponente flotta di guardia costiera e l’espan-sione della cantieristica navale, sta proiettando una significativa proiezione di potenza, sfi-dando la libertà di navigazione e mettendo alla prova la risoluzione degli alleati USA. Le esercitazioni congiunte come Sama-Sama, guidate da Stati Uniti e Filippine con la parteci-pazione di nove nazioni, sono una chiara dimostrazione di una coalizione de facto che cerca di contenere l’assertività cinese e di salvaguardare le regole internazionali in un “com-mons” globale.
L’esercitazione navale congiunta “Blue Sword 2025” tra Cina e Arabia Saudita, la prima ospitata in acque saudite, è un segnale evidente dell’approfondimento dei legami di difesa tra il Golfo e l’Asia. Questa cooperazione militare non solo migliora l’interoperabilità tra le marine, ma posiziona Pechino come partner alternativo a Washington per gli stati del Golfo che cercano di diversificare le loro alleanze, con implicazioni per la proiezione di potere fu-tura cinese in una regione critica per i flussi globali di petrolio.
La Russia, nonostante la sua presenza navale più debole nel Mediterraneo, continua a estendere le sue tattiche di guerra ibrida ai domini marittimi nel Baltico. La creazione da parte del Regno Unito di una rete AI anti-sottomarini (Operazione Atlantic Bastion) e la cooperazione tra dieci paesi nella Naval Mines Cooperation (NMC) sono risposte dirette a queste minacce, con l’obiettivo di rafforzare la difesa collettiva e prevenire operazioni russe libere nel Mare del Nord e nell’Atlantico.
Infine, le nuove tariffe statunitensi sui porti per navi battenti bandiera cinese o gestite da entità cinesi stanno ridisegnando la geografia marittima asiatica, spingendo importanti com-pagnie di navigazione a riallocare le loro flotte a Singapore. Questo non solo rafforza la po-sizione di Singapore come hub strategico, ma sottolinea anche come le tensioni commerciali possano avere un impatto diretto e profondo sulle rotte e sulle infrastrutture marittime glo-bali, influenzando lo status di centri marittimi tradizionali come Hong Kong.

Conseguenze per l’Italia
Le conseguenze degli eventi tra il 17 e il 19 ottobre 2025 hanno implicazioni dirette e si-gnificative per l’Italia, sia a livello di politica estera che interna, e in settori chiave come la difesa e l’economia.
In primo luogo, il rafforzamento dell’autonomia strategica europea, sollecitato dalla riluttan-za di Trump a fornire armamenti avanzati all’Ucraina e dalla sua spinta per un negoziato, po-ne l’Italia di fronte alla necessità di aumentare la propria spesa militare e di rafforzare l’in-tegrazione meridionale.
L’Italia, attraverso il suo ruolo nei “Transatlantic Dialogue”, è chiamata a bilanciare il vinco-lo atlantico con la crescente esigenza di una sicurezza europea autonoma. La “Preserving Peace – Defence Readiness Roadmap 2030” della Commissione europea, con i suoi pilastri sull’European Drone Defence Initiative, Eastern Flank Watch, European Air Shield e Euro-pean Space Shield, offre un quadro per coordinare le politiche di riarmo, ma l’Italia dovrà confrontarsi con la diffidenza degli Stati membri verso l’estensione delle competenze della Commissione e la tendenza a mantenere la titolarità nazionale esclusiva.
In secondo luogo, la centralità del “Mediterraneo Globale”, riaffermata dai MED – Mediter-ranean Dialogues di Napoli e dalla Dichiarazione di Napoli, è di fondamentale importanza per l’Italia. La proposta di Fedespedi di utilizzare il porto di Brindisi come hub logistico per la ricostruzione di Gaza e della Palestina, grazie alla sua posizione strategica, ampi spazi re-troportuali e intermodalità, può rilanciare il ruolo storico di Brindisi come “porta d’Oriente” e stimolare l’economia e l’occupazione locale. Questo si inserisce nel più ampio “Patto per il Mediterraneo” dell’UE, volto a una cooperazione paritaria con i Paesi della sponda sud, e nel “Piano Mattei per l’Africa”, che l’Italia promuove con un focus su formazione, cultura, istruzione e cooperazione universitaria per lo sviluppo sostenibile. Il Piano Mattei, apprez-zato dall’UE e dagli USA come alternativa anti-cinese, lega lo sviluppo africano al futuro eu-ropeo, promuovendo partenariati diretti e contrastando influenze esterne.
In terzo luogo, l’instabilità nel Mar Rosso e la riduzione dei transiti nel Canale di Suez han-no conseguenze economiche dirette per l’Italia, data la sua dipendenza dalle rotte commer-ciali che attraversano quella regione. L’aumento dei costi e dei tempi di navigazione per le navi che devono circumnavigare il Capo di Buona Speranza si traduce in maggiori costi per le importazioni e le esportazioni italiane, influenzando l’inflazione e la competitività delle imprese. L’Italia, in quanto paese marittimo e membro di organizzazioni internazionali, è chiamata a contribuire alla cooperazione internazionale per la sicurezza del Mar Rosso e alla ricerca di soluzioni diplomatiche per le cause radicate dell’instabilità.
Infine, le crisi interne in paesi come il Perù, la Grecia e il Bangladesh, sebbene geografica-mente distanti, evidenziano la fragilità delle democrazie e l’impatto delle riforme sociali sul-la stabilità interna. L’Italia, come membro dell’UE e attore globale, è sensibile a queste di-namiche, che possono influenzare i flussi migratori, la stabilità dei mercati internazionali e la cooperazione internazionale. La crisi politica in Francia, con il declino del Macronismo e le incertezze sul futuro della destra, è di particolare interesse per l’Italia, data la stretta re-lazione bilaterale e la comune appartenenza all’UE. Le elezioni imminenti in Bangladesh e la crisi politica in Perù sottolineano la necessità di monitorare attentamente la stabilità politica in diverse regioni del mondo, poiché le loro ripercussioni possono estendersi ben oltre i confini nazionali.

Conclusioni
Il quadro geopolitico globale tra il 17 e il 19 ottobre 2025 si è rivelato un intricato intrec-cio di crisi interconnesse, ridefinizioni strategiche e competizioni multi-frontali. Da un lato, abbiamo assistito a una leadership statunitense ambivalente, che oscilla tra il sostegno agli alleati e la ricerca pragmatica di accordi, come evidenziato dalla complessa relazione con l’Ucraina e le mediazioni nel Caucaso. Questo approccio, se da un lato apre a nuove oppor-tunità diplomatiche, dall’altro introduce incertezza e spinge gli alleati, in particolare l’Euro-pa, verso una maggiore autonomia e auto-responsabilità.
Dall’altro lato, l’ascesa inarrestabile di Cina e Russia come potenze revisioniste è chiara-mente visibile. La Cina sta plasmando un ordine internazionale alternativo, utilizzando la le-va economica, tecnologica e militare per affermare la sua influenza, in particolare nell’Indo-pacifico, dove gli scontri navali e le intrusioni territoriali sono diventati quasi la norma. La Russia, pur indebolita dalle sanzioni, dimostra una notevole resilienza attraverso alleanze alternative e l’estensione delle sue tattiche di “guerra ibrida” ai domini marittimi, sfidando la sicurezza euro-atlantica.
Le crisi regionali, dal Medio Oriente al Corno d’Africa, continuano a fungere da epicentri di instabilità, con effetti a cascata sulle catene di approvvigionamento, sui mercati energetici e sulla sicurezza globale. La persistente fragilità dello Stato in luoghi come il Myanmar e le tensioni di confine tra Pakistan e talebani sottolineano la necessità di un approccio olistico che combini diplomazia, aiuti umanitari e strategie di stabilizzazione.
Guardando ai possibili sviluppi futuri, alcuni temi meritano un’attenzione particolare. In primo luogo, l’esito della diplomazia di Trump, in particolare i suoi futuri incontri con Putin e Xi, determinerà in larga misura la traiettoria dei conflitti in Ucraina e nel Mar Cinese Me-ridionale, e la ridefinizione delle alleanze globali. Le decisioni sulla fornitura di armamenti avanzati all’Ucraina e le pressioni per un cessate il fuoco continueranno a essere un indica-tore chiave.
In secondo luogo, la competizione tecnologica e geoeconomica tra USA e Cina è destinata a intensificarsi ulteriormente. La capacità della Cina di raggiungere l’autosufficienza tecnolo-gica e di utilizzare la sua “port power” per rimodellare le catene di approvvigionamento globali sarà un fattore determinante per gli equilibri di potere.
In terzo luogo, la stabilità del Mediterraneo Allargato, con particolare riferimento alla go-vernance e ricostruzione di Gaza, alla situazione nel Corno d’Africa e alla sicurezza delle rotte nel Mar Rosso, continuerà a essere un punto caldo cruciale, con implicazioni dirette per l’Europa e l’Italia.
Per l’Italia, le raccomandazioni includono: rafforzare la propria autonomia strategica all’in-terno dell’UE, aumentando gli investimenti nella difesa e promuovendo l’integrazione delle capacità europee; continuare a investire nella diplomazia culturale e nello sviluppo sosteni-bile in Africa (Piano Mattei) e nel Mediterraneo (Patto per il Mediterraneo), sfruttando la sua posizione geografica come ponte tra continenti; e monitorare attentamente le dinamiche globali che influenzano le catene di approvvigionamento e la sicurezza energetica, adottan-do strategie di diversificazione e resilienza.
L’Italia dovrà essere proattiva nel promuovere soluzioni multilaterali alle crisi regionali, contribuendo alla stabilità in un mondo sempre più frammentato. Infine, l’accelerazione del-la guerra cibernetica e l’uso dell’intelligenza artificiale richiedono un rafforzamento delle difese nazionali e una partecipazione attiva alla definizione di norme internazionali per go-vernare questa nuova frontiera del conflitto.


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