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22-10-25 Dal mondo

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22-10-25 Dal mondo

Ucraina-Europa, piano di pace in 12 punti: cosa prevede

USA contrari al piano UE sugli asset russi congelati

Polonia e Nord Stream: l’ipocrisia di Varsavia

Droni, affari e diplomazia: così la Turchia di Erdogan fa breccia in Asia

Azerbaijan. 12mo vertice degli Stati turchi all’insegna della cooperazione

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–🇬🇧How Tomahawk Missiles Matter in Russia-Ukraine Peace Negotiations

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–🇬🇧Why Turkey Is No Longer the “Lesser Evil”

–🇬🇧The New Eurasian Order

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Finanza. Il “puzzle” di Trump svela chi comanderà nel risiko globale

Il Darfur e il caso BNP Paribas

Thyssenkrupp completa lo spin-off di Tkms: il titolo vola e supera la casa madre

Esplosione su una nave cisterna nel Golfo di Aden: due marittimi dispersi

–🇬🇧The New Supply Chain Insecurity

India rafforza la presenza militare nell’Oceano Indiano: accordo con Mauritius per una base satellitare nelle Chagos

–🇬🇧Is the World in an AI Arms Race?

–🇬🇧From latecomer to trailblazer? Germany’s pursuit of a fighter-bomber UAV

–🇬🇧Japan’s New Defense Strategy

–🇬🇧Colombia Is Struggling to Keep Up With A Criminal Air Force

–🇬🇧The Case for American Diesel Submarines

–🇬🇧Trump Backs Selling Submarines to Australia Under AUKUS Agreement

–🇬🇧Air Force conducts ‘bomber attack’ demonstration near Venezuela

–🇬🇧Chinese Fighter Drops Flares Near Australian P-8 in ‘Unsafe and Unprofessional’ Interaction Over South China Sea

–🇬🇧Seasats unveils Quickfish High-Speed, Long-Endurance USV

–🇬🇧New Zealand Navy expresses interest in Japan’s upgraded Mogami-class frigate

Il 21 ottobre 2025 si è rivelato una giornata densa di eventi, confermando l’accelerazione delle dinamiche geopolitiche globali. Tra crisi regionali persistenti e l’emergere di nuove sfide, il mondo si trova a navigare in un contesto di crescente multipolarità. Le decisioni prese in capitali chiave come Washington, Tokyo, Mosca e Bruxelles delineano un futuro in-certo, dove la competizione per l’influenza, le risorse e la sicurezza è più intensa che mai.

Eventi Clou della giornata
La giornata è stata segnata da tre eventi di particolare rilievo, che hanno catalizzato l’atten-zione internazionale e inciso profondamente sugli equilibri geopolitici: il possibile rinvio del vertice Trump-Putin sull’Ucraina, l’elezione di Sanae Takaichi come prima donna Primo Ministro del Giappone e le crescenti tensioni nel Mar Cinese Meridionale.
Il possibile rinvio del vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin, inizialmente previsto in Ungheria, ha gettato un’ombra sui negoziati di pace per l’Ucraina. Le fonti della Casa Bian-ca, citate da Reuters, hanno indicato “divergenze profonde” come causa dello stallo, con Kiev e i “Volenterosi” dell’UE che accusano Mosca di tattiche dilatorie. In particolare, il ri-fiuto di Putin di un cessate il fuoco immediato sulle linee di fronte, unito alla sua rivendica-zione del Donbass come territorio russo, ha paralizzato i colloqui. Il Cremlino, tramite La-vrov, ha bollato l’Ucraina come “nazista”, rifiutando di affrontare le “cause” del conflitto. Ryabkov ha persino accusato l’UE di “sabotaggio” per aver impedito l’incontro a Budapest. Questa situazione rivela la fragilità degli sforzi diplomatici e la persistenza di posizioni irri-ducibili, mantenendo alta la tensione e il rischio di un prolungamento del conflitto. La deci-sione di Trump di non fornire missili Tomahawk all’Ucraina, un gesto che Mosca, qualora at-tuato, avrebbe interpretato come una provocazione diretta, evidenzia una diplomazia com-plessa che cerca di bilanciare la pressione su Putin con la necessità di evitare un’escalation incontrollabile.
Un altro evento cruciale è stata l’elezione di Sanae Takaichi a Primo Ministro del Giappone. La 64enne leader conservatrice del Partito Liberal Democratico ha fatto la storia come la prima donna giapponese a ricoprire questa carica, grazie a un accordo con il Partito Innova-zione. Definita la “Margaret Thatcher nipponica” per il suo stile deciso e le sue posizioni nazionaliste, Takaichi intende rivedere la costituzione pacifista del Giappone per potenziare le forze armate e rafforzare l’economia. Le sue priorità includono il rilancio economico at-traverso la flessibilità monetaria e la spesa pubblica, oltre a una linea dura contro la Cina, considerata una minaccia crescente. Questa nomina segna un netto cambio di rotta nella po-litica estera e di difesa giapponese, con potenziali ripercussioni sugli equilibri di potere nell’Indo-Pacifico. La sua intenzione di aumentare la spesa militare e di avvicinarsi agli Stati Uniti, in vista della visita di Trump a Tokyo, suggerisce una fase di maggiore assertività nip-ponica, anche se la sua posizione di minoranza parlamentare richiederà abilità nel costruire alleanze.
Infine, l’incidente nel Mar Cinese Meridionale, dove un caccia Su-35 cinese ha rilasciato bengala vicino a un P-8A australiano, sottolinea la crescente militarizzazione e le tensioni nella regione. L’episodio, definito “insicuro e non professionale” dalle autorità australiane, è avvenuto vicino alle contese Isole Paracelso e rappresenta il secondo evento simile que-st’anno. Mentre l’Australia rivendica il diritto alla libertà di navigazione e sorvolo in acque che ritiene internazionali, la Cina ha accusato l’aereo australiano di “intrusione illegale” nel suo spazio aereo, mobilitando forze navali e aeree per respingerlo. Questo incidente evi-denzia non solo la disputa territoriale, ma anche la dottrina cinese di affermazione della so-vranità attraverso azioni aggressive, aumentando il rischio di incidenti che potrebbero de-generare rapidamente in un conflitto più ampio. La routine delle operazioni dei P-8A austra-liani nel Sud-Est asiatico e la crescente assertività cinese rendono il Mar Cinese Meridiona-le un punto focale di potenziale escalation, con gravi implicazioni per la stabilità globale.

Conseguenze dei fatti accaduti
Conseguenze geopolitiche

Le conseguenze geopolitiche degli eventi del 21 ottobre 2025 sono molteplici e intercon-nesse, delineando un quadro di crescente frammentazione e competizione strategica. La ri-definizione degli equilibri globali è evidente in diversi teatri.
In primo luogo, il possibile fallimento dei negoziati di pace sull’Ucraina a causa del possi-bile rinvio del vertice Trump-Putin segnalano un’ulteriore cristallizzazione delle posizioni. La Russia, sentendosi “sabotata” dagli sforzi europei, sembra determinata a mantenere il controllo sui territori contesi, mentre l’Ucraina, supportata da una coalizione europea “vo-lenterosa”, rifiuta cessioni territoriali. Questa impasse diplomatica non solo prolunga il con-flitto, ma acuisce la polarizzazione tra Mosca e l’Occidente, rendendo meno probabile una soluzione negoziata a breve termine e alimentando una “guerra lunga” che richiederà una costante mobilitazione di risorse. L’assenza di una voce europea unificata e la diplomazia “transazionale” di Trump lasciano l’Ucraina in una posizione precaria, costretta a negoziare la sua stessa esistenza tra potenze rivali.
In secondo luogo, l’elezione di Sanae Takaichi in Giappone, con la sua agenda nazionalista e pro-militare, segna un’accelerazione della militarizzazione nell’Indo-Pacifico. La volontà di rivedere la costituzione pacifista e di rafforzare le Forze di Autodifesa risponde alla perce-zione di una crescente minaccia cinese, ma rischia anche di innescare un incremento della corsa agli armamenti nella regione. L’alleanza rafforzata con gli Stati Uniti, attraverso ingen-ti investimenti giapponesi nell’industria della difesa americana, trasforma il Giappone in un pilastro della deterrenza anti-cinese, con implicazioni dirette per la stabilità di Taiwan e del Mar Cinese Meridionale. Le frizioni, come l’incidente tra il caccia cinese e l’aereo australia-no, evidenziano la fragilità degli equilibri e il rischio di escalation.
Terzo, la strategia di Donald Trump, descritta come un “puzzle” che svela un risiko globale multipolare, evidenzia un cambiamento radicale nell’approccio americano alla politica este-ra. La sua diplomazia transazionale, che alterna dazi e minacce a negoziati con Cina, India e Paesi arabi, mira a ridefinire gli interessi nazionali USA. Il tentativo di isolare l’Europa, per-cepita come irrilevante al tavolo negoziale, e la spinta verso accordi bilaterali, mostrano un disimpegno dagli schemi multilaterali tradizionali. Questo “ordine stagnante”, con potenze mature e in rallentamento, riduce il rischio di guerre egemoniche ma aumenta quello di conflitti regionali e di un unilateralismo aggressivo da parte degli USA, che potrebbe inde-bolire le istituzioni internazionali e spingere gli alleati a sviluppare autonomie strategiche.
Infine, l’Africa e il Medio Oriente rimangono teatri di competizione per risorse e influenza. La strategia emiratina per i metalli critici, sebbene promettente per lo sviluppo economico, solleva preoccupazioni etiche riguardo la volontà neo-estrattiva e alla concentrazione di ric-chezza straniera. Le crisi umanitarie, come quella in Yemen aggravata dalle azioni Houthi, e le accuse di complicità finanziaria in crimini di guerra, come il caso BNP Paribas in Darfur, evidenziano come la finanza internazionale non sia neutrale e possa alimentare instabilità. La politica del Consiglio di Sicurezza ONU, bloccata da veti di Russia e Cina, calpesta i di-ritti umani in contesti come l’Afghanistan, dimostrando l’inefficacia delle istituzioni multila-terali di fronte a interessi nazionali divergenti.
In sintesi, gli eventi del 21 ottobre 2025 consolidano un mondo in cui le grandi potenze perseguono i propri interessi con strumenti sempre più diversificati, dalla guerra ibrida alla diplomazia transazionale, con l’Europa che fatica a trovare una voce unitaria e il Sud Globale che cerca di affermare la propria autonomia.

Conseguenze strategiche
Una delle principali implicazioni strategiche riguarda la “guerra lunga”, concetto analizzato dal RUSI, che critica il “first battle bias” nella pianificazione difensiva. L’incapacità di rag-giungere un accordo di pace in Ucraina e la determinazione della Russia a proseguire il conflitto evidenziano che le guerre moderne raramente sono brevi. Questo richiede alle na-zioni, in particolare alla NATO, di sviluppare una maggiore resilienza, con riserve, scorte e capacità di mobilitazione industriale. Il Regno Unito, e per estensione l’intera Alleanza, deve investire non solo in capacità immediate ma anche in una rigenerazione rapida delle forze per assorbire perdite e persistere in un conflitto prolungato. La deterrenza non può basarsi solo sulla forza iniziale, ma sulla capacità di resistenza e di assorbire i colpi dell’avversario.
In secondo luogo, l’elezione di Sanae Takaichi in Giappone e la sua agenda nazionalista pro-militare avranno un impatto significativo sulla strategia di difesa del Paese. La volontà di rivedere la costituzione pacifista e di potenziare le Forze di Autodifesa (SDF) si traduce in una maggiore spesa difensiva e in una proiezione di forza più assertiva nell’Indo-Pacifico. La creazione di un Comando Operazioni Congiunto e di un evidente attenzione al trasporto marittimo evidenziano l’intento di migliorare da un lato la prontezza e dall’altro la capacità logistica sia per sostenere missioni lontano dalla madrepatria, sia qualora degene-rasse la situazione nello scenario taiwanese. Questo riposizionamento strategico del Giap-pone, con il sostegno e gli investimenti reciproci degli Stati Uniti, rafforza l’alleanza nippo-americana come pilastro della deterrenza contro la Cina, ma contemporaneamente aumenta il rischio di una corsa agli armamenti regionale.
Terzo, la politicizzazione del Pentagono sotto l’amministrazione Trump, con dimissioni e li-cenziamenti massicci di alti ufficiali, solleva seri interrogativi sulla stabilità e l’efficacia del-la leadership militare statunitense. La sostituzione di figure chiave, spesso per motivi legati a direttive radicali su diversità e inclusione, rischia di erodere l’indipendenza e la prudenza professionale, con il pericolo di effettuare errori strategici che potrebbero avere ricadute sui dossier aperti. Un Pentagono politicizzato potrebbe minare la coesione e l’efficienza mi-litare, aumentando i rischi globali in un momento di crescente incertezza. Il dispiegamento della USS Nimitz nel Mar Cinese Meridionale, mentre il Medio Oriente rimane senza portae-rei USA per la prima volta in due anni, evidenzia le sfide nel gestire più hotspot globali con risorse limitate e una leadership interna sotto pressione.
Infine, l’emergere di nuove tecnologie e tattiche ibride sta ridefinendo il concetto di guerra. L’uso di droni commerciali economici da parte di gruppi criminali in Colombia per ricogni-zione e attacchi con esplosivi improvvisati (una forma di “forza aerea povera”, ma efficace) dimostra come la tecnologia stia democratizzando la capacità di condurre operazioni militari.
La Turchia, con il suo crescente export di droni e la cooperazione militare con paesi come il Bangladesh, mostra come questi strumenti stiano diventando centrali nella proiezione di potenza. La corsa agli armamenti AI, in cui nazioni sviluppate competono per un vantaggio strategico, rischia di ridurre la deliberazione umana a favore dell’efficienza algoritmica, sol-levando questioni etiche e di sicurezza globali. La Germania, pur con un ritardo iniziale, sta emergendo come leader nello sviluppo di UAV fighter-bomber, integrando “remote carriers” con caccia manned nel programma FCAS.
Non va mai dimenticato che si ripresentano giornalmente forme di “guerra cognitiva”, che mirano a destabilizzare le strutture sociali, che richiedono risposte integrate che superino le divisioni tra risorse militari, civili, pubbliche e private.

Conseguenze economiche, tecnologiche, finanziarie ed energetiche
Sul fronte energetico, il “ritorno dell’arma energetica” è più che mai evidente. La decisione dell’Unione Europea di ridurre drasticamente le forniture di gas russo alla Serbia, con so-spensione totale prevista per il 2027, e l’accusa di “sabotaggio” polacco ai gasdotti Nord Stream, dimostrano come l’energia sia diventata uno strumento di coercizione geopolitica. La Serbia, che definisce la situazione “quasi disperata”, ne soffre ingiustamente, mettendo in luce la vulnerabilità dei paesi non allineati in un contesto di polarizzazione.
La Cina beneficia della situazione, stringendo accordi con la Russia per lo sviluppo con-giunto della Rotta Marittima del Nord, un’arteria che promette efficienza e bypassa rotte tra-dizionali come il Canale di Suez, spesso interrotto da attività Houthi. Questa transizione, seppur vantaggiosa per alcuni, amplifica i rischi di instabilità economica e minacce alla si-curezza nazionale per altri, con la domanda globale di energia e metalli critici destinata a quadruplicare entro il 2040. La dipendenza da catene di fornitura cinesi per minerali critici e terre rare, essenziali per la transizione verde, crea nuove vulnerabilità, mentre gli USA politicizzano l’energia per spingere l’Europa ad acquistare gas americano.
In ambito finanziario, il piano dell’UE di confiscare e utilizzare asset russi congelati (circa 140 miliardi di euro) per finanziare l’Ucraina, seppur sostenuto da molti Stati membri, in-contra forti opposizioni da Belgio, Ungheria e soprattutto dagli Stati Uniti. Questi ultimi te-mono rischi eccessivi per la stabilità dei mercati finanziari globali, definendo la misura un “furto”. L’ambasciatore russo a Roma ha ammonito l’Italia, paventando “ritorsioni” e com-promissione dei rapporti commerciali futuri. Questa controversia evidenzia la complessità legale ed etica della confisca di beni sovrani e le sue potenziali conseguenze sulla fiducia degli investitori internazionali. Il caso BNP Paribas, accusata di aver sostenuto finanziaria-mente il regime di Omar al-Bashir in Sudan, pone inoltre la questione della responsabilità delle istituzioni finanziarie nei conflitti armati, suggerendo come la finanza non sia mai neu-trale.
Dal punto di vista tecnologico, la “corsa agli armamenti AI” è una realtà tangibile. Gli Stati Uniti, la Cina e la Russia stanno integrando l’intelligenza artificiale nelle capacità difensive e offensive, riducendo la capacità di discernere da parte degli individui a favore dell’effi-cienza algoritmica. Questa accelerazione, senza che vi siano trattati internazionali o defini-zioni chiare di “arma”, rischia di rendere obsolete le difese tradizionali e di minacciare la stessa esistenza umana, creando uno strumento potenzialmente autonomo e capace di ap-prendere indipendentemente.
La Germania, con il suo programma FCAS e lo sviluppo di UAV fighter-bomber, sta recupe-rando terreno in questo settore. Parallelamente, l’uso di droni commerciali da parte di attori non statali, come in Colombia, dimostra la democratizzazione della tecnologia militare e la necessità di adattare le contromisure.
Infine, le politiche commerciali dell’amministrazione Trump, con dazi generalizzati dal 10% al 50% su quasi tutti i paesi, stanno frammentando le catene di approvvigionamento globali. Sebbene l’obiettivo sia rilanciare la produzione domestica e ridurre la dipendenza da avver-sari, i dazi stanno causando contrazioni nel settore manifatturiero USA, inflazione e perdite di posti di lavoro. Negli Stati Uniti nel settore difesa, i costi produttivi salgono, scoraggian-do gli investimenti e spingendo gli alleati a sviluppare industrie autonome, riducendo gli acquisti di armi americane. La Cina beneficia di questo malcontento globale, mentre l’isola-zionismo USA rischia di indebolire la sicurezza nazionale e l’accesso a innovazioni alleate. Il Giappone, d’altro canto, con i suoi 550 miliardi di dollari di investimento negli USA in settori strategici come cantieristica navale e semiconduttori, cerca di rafforzare la capacità difensiva americana.

Conseguenze marittime
La sicurezza delle rotte commerciali, la proiezione di potenza navale e l’innovazione tecno-logica in campo marittimo sono al centro di profonde trasformazioni.
In primo luogo, il Mar Cinese Meridionale si conferma un punto caldo di tensioni. L’inci-dente tra il caccia Su-35 cinese e il P-8A australiano, con il rilascio di bengala vicino all’aereo da pattugliamento marittimo, evidenzia la crescente assertività della Cina nelle aree contese, in particolare vicino alle Isole Paracelso. La Cina accusa l’Australia di “intrusione illegale”, mentre l’Australia rivendica il diritto alla libertà di navigazione e sorvolo. Questi episodi, che si ripetono, aumentano il rischio di incidenti che potrebbero degenerare rapi-damente, minacciando la stabilità delle rotte marittime globali e la sicurezza regionale. La presenza della USS Nimitz nel Mar Cinese Meridionale, dopo aver lasciato il Medio Oriente, sottolinea la crescente importanza strategica di questa regione per gli Stati Uniti, nonostan-te le carenze di portaerei in altri teatri.
In secondo luogo, la Rotta Marittima del Nord (NSR) nell’Artico russo emerge come un’al-ternativa strategica al Canale di Suez. L’accordo tra Russia e Cina per lo sviluppo congiunto e la commercializzazione della NSR, con la Cina che già sfrutta questa “scorciatoia artica” per i transiti tra Asia ed Europa, ha significative implicazioni commerciali e geostrategiche. Le interruzioni nel Canale di Suez, dovute alle attività Houthi, rendono la NSR un’opzione sempre più attraente, soprattutto nei mesi estivi. Questo sviluppo non solo rafforza la coo-perazione russo-cinese nell’Artico, ma potenzialmente ridefinisce le rotte commerciali glo-bali, con conseguenze per le economie che dipendono dal transito marittimo.
Terzo, la proliferazione di veicoli di superficie autonomi (USV) e di tecnologie navali avan-zate sta rivoluzionando la guerra marittima. Seasats ha svelato Quickfish, un USV ad alta ve-locità e lunga autonomia con capacità di intercettazione, mentre HII e HD Hyundai Heavy In-dustries rafforzano una partnership strategica per l’innovazione nella costruzione navale.
La Royal New Zealand Navy ha espresso interesse per la fregata Mogami-class aggiornata del Giappone, che sarà adottata anche dall’Australia. Questi sviluppi tecnologici, uniti alla crescente domanda globale di sistemi di difesa marittima post-Ucraina, evidenziano un’acce-lerazione nella modernizzazione delle flotte. Il dibattito sui sottomarini diesel americani, che potrebbero integrare la flotta nucleare per affrontare le carenze numeriche nell’Indo-Pacifico, riflette la necessità di soluzioni rapide ed economiche per l’opzione strategica di Access Denial e la deterrenza.
Infine, la sicurezza marittima in regioni come il Golfo di Aden e il Mar dei Caraibi è sotto pressione. L’esplosione a bordo della nave cisterna Falcon nel Golfo di Aden, sospettata di trasportare GPL iraniano, sottolinea i pericoli in un’area già segnata da attacchi Houthi. Nel Mar dei Caraibi, gli Stati Uniti stanno ridisegnando la mappa di potere attraverso operazioni militari discrete, diplomazia energetica e pressioni economiche. Gli attacchi a navi sospetta-te di narcotraffico e la dimostrazione di attacco bomber vicino al Venezuela evidenziano un approccio modulare che combina coercizione marittima e gestione dei partner. La minaccia crescente di “forze aeree” criminali che utilizzano droni contro navi della Guardia costiera in Colombia aggiunge un’ulteriore dimensione alla complessità della sicurezza marittima, ri-chiedendo nuove dottrine e cooperazioni regionali per il contrasto.

Conseguenze per l’Italia
Le conseguenze degli eventi del 21 ottobre 2025 per l’Italia sono significative e si manife-stano su più livelli, dal rafforzamento della difesa nazionale alla ridefinizione del suo ruolo nel Mediterraneo allargato e nelle dinamiche europee.
In primo luogo, il “Documento Programmatico Pluriennale (DPP) della Difesa 2025-2027” rivela un’Italia determinata a potenziare la propria sicurezza in un contesto di “instabilità permanente”. Il budget ordinario in aumento e il raggiungimento del 2% del PIL NATO se-gnalano un impegno concreto verso la deterrenza e l’ammodernamento delle Forze Armate. Questo è cruciale, specialmente nel Mediterraneo allargato, che il DPP conferma come area strategica chiave. La proposta di Pietro Serino di un “Consiglio Nazionale per la Difesa e la Sicurezza”, presieduto dal Presidente del Consiglio, per un monitoraggio e una risposta coordinata alle minacce, compresa la guerra ibrida e cognitiva, potrebbe rappresentare un passo avanti per una difesa integrata che superi le divisioni tra risorse militari, civili, pub-bliche e private. Questo approccio è essenziale per l’Italia, un paese ad alta densità abitativa e infrastrutturale, particolarmente vulnerabile agli attacchi cyber e alla disinformazione.
In secondo luogo, la posizione dell’Italia nel dibattito sull’utilizzo degli asset russi congela-ti evidenzia la sua volontà di allinearsi con la maggior parte degli Stati UE per sostenere l’Ucraina. Tuttavia, l’avvertimento dell’ambasciatore russo a Roma, Alexei Paramonov, che ha definito il piano un “furto” e ha minacciato ritorsioni che comprometterebbero i rapporti commerciali futuri, pone l’Italia di fronte a un dilemma. Se da un lato l’adesione al piano rafforza la sua posizione all’interno dell’UE e il suo impegno per la sicurezza europea, dall’altro comporta rischi economici tangibili con un partner storico come la Russia, una volta che le tensioni attuali dovessero ridursi. La capacità dell’Italia di navigare in queste acque diplomatiche, bilanciando solidarietà europea e interessi nazionali, sarà cruciale.
Terzo, il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo allargato è ribadito dal “Piano Mattei per l’Africa” e dalla sua proiezione a sud. L’articolo “Siria e Libano dopo Gaza” di Tom Barrack suggeri-sce un allineamento dell’Italia con la visione USA di stabilità del Levante, vedendo il Medi-terraneo come “cerniera” tra prosperità europea e stabilità regionale. Questo implica un coinvolgimento diplomatico ed economico più attivo in Siria e Libano, promuovendo la rico-struzione e il disarmo di Hezbollah, in un mosaico regionale che coinvolge anche Arabia Saudita, Qatar e Pakistan. La cooperazione con la Francia, come evidenziato dall’accordo strategico tra Luka Koper e CMA CGM, potrebbe rafforzare la posizione italiana nella logisti-ca europea, promuovendo investimenti in infrastrutture e decarbonizzazione, elementi vitali per la connettività del Paese.
Infine, l’instabilità globale, caratterizzata da una “corsa agli armamenti AI” e dalla “nuova in-sicurezza delle catene di approvvigionamento”, ha impatti diretti sull’Italia. Essendo un’eco-nomia manifatturiera e un crocevia commerciale, l’Italia è vulnerabile alle interruzioni delle supply chain e ai dazi imposti dagli USA, che aumentano i prezzi e scoraggiano gli investi-menti. La dipendenza da fornitori esteri per materie prime e tecnologie, così come la com-petizione per i minerali critici, richiederanno all’Italia di diversificare le proprie catene di approvvigionamento e di rafforzare la propria autonomia strategica. Il dibattito sulla capacità di rigenerazione delle forze in un contesto di “guerra lunga”, sollevato dal RUSI, è partico-larmente rilevante per l’Italia, che deve garantire la prontezza operativa e la capacità di so-stenere un conflitto prolungato, non solo attraverso l’ammodernamento ma anche attraverso un’efficace gestione delle riserve e delle risorse industriali.

Conclusioni
La sintesi degli eventi del 21 ottobre 2025 dipinge un quadro geopolitico globale in rapida evoluzione, caratterizzato da una complessa interazione tra stallo diplomatico, riarmo strate-gico e ridefinizione degli equilibri di potere. Le tensioni persistenti in Ucraina, l’ascesa di nuove leadership assertiva come quella giapponese di Sanae Takaichi, e la ridefinizione del-la politica estera americana sotto Trump, con il suo approccio transazionale e i dazi com-merciali, sono tutti elementi che contribuiscono a un “ordine stagnante” ma al contempo volatile.
Tra i temi analizzati, diversi hanno possibilità di ulteriori sviluppi e novità nei giorni e nelle settimane a venire. La crisi ucraina, con il possibile rinvio del vertice Trump-Putin e le ac-cuse di sabotaggio europeo, è lungi dall’essere risolta. Sarà fondamentale monitorare le fu-ture mosse diplomatiche e militari, nonché l’evolversi della disinformazione, che continuerà a modellare la percezione e le decisioni internazionali. La possibilità di nuovi piani di pace, forse ancora frammentati, continuerà a tenere banco.
L’elezione di Sanae Takaichi in Giappone, con la sua agenda nazionalista e il potenziamento delle forze armate, sarà un fattore destabilizzante o stabilizzante a seconda del suo impatto sulle relazioni con la Cina. La visita di Trump a Tokyo e i successivi negoziati definiranno ulteriormente la dinamica di questa alleanza chiave nell’Indo-Pacifico. Ci aspettiamo sviluppi sulle riforme costituzionali e sull’implementazione della nuova strategia di difesa giappone-se. Le tensioni nel Mar Cinese Meridionale, evidenziate dall’incidente tra il caccia cinese e l’aereo australiano, continueranno a essere un punto focale di potenziale escalation, con il rischio di ulteriori incidenti marittimi e aerei.
La strategia geopolitica di Trump, con la sua enfasi sull’America First e sul transazionalismo, porterà a ulteriori ricalibrazioni nelle alleanze globali e nelle politiche commerciali. I nego-ziati con la Cina sulle terre rare e l’intelligenza artificiale, così come le pressioni sull’Ame-rica Latina per il controllo delle risorse e del narcotraffico, sono destinate a generare nuove frizioni e accordi. Sarà interessante osservare come gli Stati Uniti bilanceranno la necessità di contenere la Cina con la dipendenza economica e tecnologica, in particolare sul dossier di Taiwan.
Infine, le implicazioni della “guerra lunga” e della “corsa agli armamenti AI” saranno al cen-tro delle agende di difesa e sicurezza. La necessità per le nazioni di investire in resilienza, scorte e mobilitazione industriale, come raccomandato dal RUSI, diventerà ancora più pres-sante. La democratizzazione delle tecnologie militari, come i droni usati dai gruppi criminali in Colombia, e la rapida integrazione dell’AI nei sistemi di difesa, solleveranno questioni etiche e di sicurezza sempre più complesse. La finanza e l’energia rimarranno strumenti di coercizione geopolitica, con il dibattito sugli asset russi congelati che continuerà a essere un test per la coesione europea e la stabilità finanziaria globale.
Per prepararsi a quanto accadrà nei giorni successivi, i lettori dovrebbero prestare attenzio-ne a:

  1. Sviluppi in Ucraina. Qualsiasi segnale, anche minimo, di ripresa dei negoziati o, al contrario, di escalation militare.
  2. Dinamiche nell’Indo-Pacifico. Le dichiarazioni e le azioni del nuovo governo giappo-nese e le risposte della Cina, in particolare nel Mar Cinese Meridionale.
  3. Politiche di Trump. Nuovi annunci sui dazi, sugli accordi commerciali e sulla postura militare americana, specialmente verso la Cina e l’America Latina.
  4. Tensioni energetiche e finanziarie. Il dibattito sugli asset russi e le possibili ritor-sioni, oltre all’evoluzione delle rotte marittime come la NSR artica.
  5. Tecnologie emergenti. Ulteriori investimenti e progressi nella guerra con droni e AI, e il dibattito sulla loro regolamentazione.
    Il futuro si preannuncia come un continuo esercizio di equilibrio tra competizione e coope-razione, dove la capacità di adattamento e l’attenzione ai segnali deboli saranno determinan-ti per anticipare e gestire le sfide emergenti.

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