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28-06-25 Dal mondo

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28-06-25 Dal mondo

Veni, vidi, vici

Medio Oriente: Hormuz resta l’osservato speciale

Guerra in Iran: quali conseguenze per l’Asia?

Presidenza danese UE: tra ambizione e realismo politico

L’ultima chiamata per Cipro: tra diplomazia europea e realpolitik regionale

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Da Kiev a Hormuz: il costo della guerra

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–🇬🇧Turkey Is Still Trying to Get Back Into the F-35 Fighter Program

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L’evento chiave del 27 giugno 2025 è rappresentato dall’intensificarsi delle tensioni nei teatri operativi del Mediterraneo allargato e del Medio Oriente, in particolare per la crisi tra Grecia e Turchia in Libia e per la nuova escalation tra Israele e Iran, che ha avuto profonde ripercussioni energetiche e diplomatiche su scala globale. Questi sviluppi hanno catalizzato l’attenzione di governi, mercati e istituzioni internazionali, evidenziando la crescente interconnessione tra sicurezza, energia e flussi migratori.

Geo-strategia e conflittualità
Il quadro strategico globale è definito da una frammentazione sistemica, la cui accelerazione è imputabile a una “rivoluzione della percezione”. La transizione dall’era dei media tradizionali a un ecosistema informativo dominato da piattaforme social come YouTube e TikTok ha alterato la natura stessa della conflittualità. Gli algoritmi, ottimizzati per il coinvolgimento, generano “bolle di filtraggio” e polarizzazione, mentre la disinformazione su scala industriale, diffusa da bot basati su IA, erode la fiducia nelle istituzioni.
Questa dinamica si traduce in conflitti multi-dominio sempre più interconnessi e violenti. In Medio Oriente, la “Guerra dei Dodici Giorni” tra Israele, Iran e Stati Uniti ha trasformato una guerra ombra in un conflitto aperto, minacciando chokepoint vitali come lo Stretto di Hormuz. In Europa, l’offensiva estiva russa in Ucraina prosegue, ma la crisi strategica principale risiede nella frattura dell’alleanza occidentale, con visioni divergenti tra USA e NATO e veti interni all’UE che ne minano la coesione. La competizione tra grandi potenze si estende a nuovi fronti, dall’assertività cinese nell’Indo-Pacifico al controllo di rotte e risorse nel teatro strategico Artico.
Di conseguenza, gli strumenti di potere si evolvono. La strategia statunitense si riorienta verso la deterrenza tecnologica contro la Cina, come dimostra l’investimento sul caccia F-47 a scapito di piattaforme tradizionali. La guerra moderna integra pienamente l’intelligenza artificiale, droni avanzati e la guerra cibernetica, mentre tattiche di controllo informativo, come il blocco di Internet, diventano standard operativi per isolare le popolazioni.
La conflittualità, quindi, non è più solo il risultato di calcoli strategici statali, ma è intrinsecamente alimentata e percepita attraverso questo prisma informativo distorto. In questo contesto, la de-escalation delle crisi e la cooperazione internazionale diventano imprese sempre più ardue.

Geo-economia, industria, mercati e marittimità
Il quadro geo-economico del 27 giugno 2025 è definito da una profonda interconnessione di rischi sistemici che legano finanza, debito sovrano e catene di approvvigionamento fisiche.
I sistemi finanziari occidentali mostrano gravi fragilità strutturali. Negli Stati Uniti, la dipendenza parabolica dei mercati dall’intelligenza artificiale alimenta il timore di una sell-off azionaria pilotata, orchestrata per forzare un intervento espansivo della Federal Reserve. In Europa, l’insostenibile debito pubblico francese (114% del PIL) rappresenta un grave rischio di contagio per l’intera Eurozona, la cui stabilità potrebbe essere compromessa da shock esogeni.
Il settore marittimo agisce da barometro di questa instabilità. La crisi militare nello Stretto di Hormuz ha trasformato il chokepoint energetico in un teatro di rischio attivo, esponendo la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali e alimentando le pressioni inflazionistiche attraverso l’aumento dei costi di nolo e del petrolio.
Di fronte a queste minacce, emergono significative strategie di adattamento. Il settore marittimo prosegue la sua transizione ecologica (Convenzione di Hong Kong), mentre a livello statale si attua un riorientamento strategico. L’Italia, ad esempio, sviluppa i corridoi adriatici come hub logistico alternativo per l’Ucraina e rafforza la propria industria della difesa per aumentare l’autonomia strategica.
In sintesi, gli shock geopolitici amplificano le fragilità finanziarie, costringendo gli attori a una duplice risposta: gestione tattica delle crisi e implementazione di strategie a lungo termine per diversificare le rotte e rafforzare la resilienza industriale.

Geopolitica e relazioni internazionali
Le alleanze tradizionali sono sottoposte a forti tensioni, evidenziando un quadro di crescente frammentazione strategica. La NATO è divisa sulla strategia verso la Russia e sulla sostenibilità della richiesta americana di aumentare la spesa militare al 5% del PIL; la scelta della Spagna di limitarsi al 2,1% è emblematica di questa frattura. Analogamente, le relazioni tra Stati Uniti e Turchia restano bloccate sulla disputa F-35/S-400.
In questo scenario, la presidenza danese dell’UE adotta un approccio pragmatico, cercando di rafforzare la coesione interna su difesa, energia e migrazioni, pur riconoscendo che le divisioni impongono la ricerca di compromessi realistici. La risposta a queste sfide complesse passa anche dalla formazione di una leadership adeguata: il CASD italiano si conferma un hub di eccellenza per preparare le élite militari e civili a gestire la natura ibrida delle crisi contemporanee, diventando uno strumento strategico fondamentale.

Teatri Operativi

  • Mediterraneo Allargato. Il Mediterraneo Allargato si presenta, il 27 giugno del 2025, come un vasto e interconnesso arco di crisi, un epicentro di instabilità globale dove conflitti militari, competizione per le risorse e guerre ibride si alimentano a vicenda. Lungi dall’essere teatri isolati, gli eventi che si dipanano dal Golfo Persico al Nord Africa sono profondamente legati, disegnando un quadro di frammentazione strategica e di elevata tensione. Il punto focale di questa turbolenza è senza dubbio il Vicino Oriente. La cosiddetta “Guerra dei Dodici Giorni” tra Israele, Iran e Stati Uniti ha saturato l’agenda internazionale, trasformando una lunga guerra ombra in un conflitto aperto. L’immediata conseguenza è stata la militarizzazione dello Stretto di Hormuz, divenuto il punto più sensibile per la sicurezza energetica globale. A questa crisi strategica si salda, con drammatica urgenza, la catastrofe umanitaria a Gaza, dove le accuse delle Nazioni Unite contro Israele per l’uso della fame come arma di guerra dipingono un quadro di violazioni sistematiche e sofferenza civile senza precedenti. Questo scenario di alta tensione nel cuore del Medio Oriente crea un’opportunità strategica che la Russia non ha esitato a cogliere nel Mar Nero. Approfittando della distrazione e della dispersione delle risorse occidentali, Mosca ha intensificato la sua offensiva estiva in Ucraina, perseguendo con determinazione l’obiettivo di trasformare il bacino in un “lago russo”. Questa strategia è ulteriormente rafforzata dalla partnership militare sempre più stretta con la Corea del Nord, che non solo fornisce a Mosca le munizioni necessarie, ma consolida anche un asse autoritario con ramificazioni globali. Parallelamente, il Mediterraneo orientale è teatro di una competizione a più livelli, dominata dalla rivalità tra Turchia e l’asse greco-cipriota. Questa tensione si manifesta in due arene speculari. In Nord Africa, la Libia è diventata un fronte di scontro indiretto, dove l’accordo sulla Zona Economica Esclusiva (ZEE) tra Ankara e Tripoli e la strumentalizzazione dei flussi migratori verso Creta sono utilizzati come armi di una guerra ibrida. Più a est, l’isola di Cipro rimane il nodo strategico conteso, al centro di una “corsa al gas” che acuisce le dispute marittime e militari, con l’Unione Europea che cerca faticosamente di sostenere i propri membri senza provocare un’escalation incontrollabile.
  • Teatro Boreale-Artico. Il Teatro operativo Boreale-Artico si consolida come un nuovo fronte strategico, dove la competizione tra Russia, NATO e Stati Uniti è costante, sebbene non esplosa in una crisi acuta nella giornata odierna. La contesa è alimentata da interessi di lungo periodo: il controllo delle future rotte commerciali artiche, la corsa alle ingenti risorse naturali e la crescente militarizzazione della regione. In questo contesto, l’intensificazione della presenza americana, attraverso il dispiegamento di rompighiaccio della Guardia Costiera, rappresenta un chiaro segnale strategico, volto a posizionarsi in diretta competizione con le ambizioni di Mosca e a garantire l’accesso futuro a un’area di cruciale importanza globale, anche se l’attenzione del giorno era focalizzata sulle dinamiche più a sud.
  • Teatro Australe-Antartico. Il Teatro operativo Australe-Antartico presenta un quadro di relativa stabilità, sebbene non immune dalle ricadute delle crisi globali. Mentre l’America Latina e l’Africa meridionale monitorano gli effetti indiretti delle turbolenze energetiche e migratorie, e l’Australia osserva con attenzione l’espansione cinese nel Pacifico, emerge una potente contro-narrativa. L’Africa, in netto contrasto con l’instabilità dominante, si distingue come un continente di speranza e progresso. La firma dello storico accordo di pace tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, mediato dagli USA, segna una svolta diplomatica cruciale. Questo si unisce a miglioramenti tangibili negli indicatori sanitari, come la riduzione della mortalità infantile, delineando un percorso di resilienza e sviluppo autonomo.
  • Indopacifico. L’Indo-Pacifico, epicentro della competizione strategica tra Stati Uniti e Cina, vive una giornata in cui la crisi energetica nello Stretto di Hormuz ha temporaneamente monopolizzato l’agenda. La profonda dipendenza dalle forniture energetiche che transitano per quel chokepoint ha unito le preoccupazioni di Pechino, Tokyo, Nuova Delhi e Seul, creando un potente incentivo per iniziative diplomatiche volte a scongiurare un’escalation e a garantire la stabilità delle proprie economie. Questa crisi contingente, tuttavia, non ferma la riconfigurazione strategica a lungo termine. Gli Stati Uniti stanno attuando una nuova dottrina di difesa, riducendo le piattaforme tradizionali per concentrarsi su droni e missili a lungo raggio, con l’obiettivo esplicito di dissuadere la Cina. In questo contesto di crescente pressione, gli attori regionali si adeguano: la Corea del Sud accelera la sua trasformazione in una potenza navale “blue-water” per controbilanciare l’influenza cinese e la minaccia nordcoreana. A rendere il quadro ancora più volatile, le relazioni inter-coreane restano congelate e tese sotto la presidenza di Lee, trasformando la penisola in un imprevedibile punto caldo all’interno del teatro più critico del mondo.

Conclusioni e possibili sviluppi
In conclusione, il 27 giugno 2025 fotografa un mondo in una fase di caotica riconfigurazione, dove la competizione tra grandi potenze e una profonda crisi della percezione hanno reso ogni shock locale potenzialmente globale. L’interconnessione tra le crisi militari in Medio Oriente e Ucraina e la fragilità sistemica dei mercati finanziari ed energetici è totale, delineando un orizzonte di acuta instabilità.
Nei prossimi giorni, l’attenzione si concentra su tre fronti critici la cui evoluzione determinerà la traiettoria della sicurezza globale. Primo, l’escalation nello Stretto di Hormuz: un’azione iraniana per bloccare il traffico marittimo innescherebbe una risposta militare immediata e uno shock energetico mondiale. Secondo, l’esito dell’offensiva estiva russa in Ucraina: un successo di Mosca potrebbe fratturare la determinazione occidentale, mentre un suo contenimento potrebbe riaprire spiragli negoziali. Terzo, la volatilità dei mercati finanziari statunitensi: il rischio di un crollo pilotato, legato a dinamiche speculative e geopolitiche, potrebbe forzare un intervento della Federal Reserve e propagare l’instabilità all’intera economia globale.
Questi non sono eventi isolati, ma epicentri interconnessi che testeranno la resilienza di un sistema internazionale fragile e in piena, imprevedibile trasformazione.


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